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La città interetnica - libertacivili.it

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Il IV Rapporto Inps sui lavoratori di origine immigrataLe produzioni principedel “Made in Italy” si fondanosull’apporto dei lavoratori diorigine neo o non comun<strong>it</strong>aria,senza che questo loro ruolovenga riconosciutoGli autonomi sono poco più di un decimo del totale (il 6,3% d<strong>it</strong>utti i lavoratori registrati in questa posizione), attivi per lo piùnell’artigianato (52,1%) e nel commercio (46,3%), ma il loronumero cresce di anno in anno, secondo r<strong>it</strong>mi piuttosto sostenuti(sono aumentati di oltre la metà tra il 2004 e il 2007: +51,4%),evidenziando la diffusa aspirazione a emanciparsi dalle posizion<strong>it</strong>endenzialmente “periferiche” in cui i lavoratori migranti si r<strong>it</strong>rovano“relegati” nel contesto occupazionale <strong>it</strong>aliano. A crescere, però,sono soprattutto commercianti e artigiani, mentre restano contenutii dati relativi all’inserimento dei migranti come autonomi del settoreagricolo (4.804, +9,6% tra il 2004 e il 2007), seppure con unes<strong>it</strong>o opposto a quello rilevato tra gli <strong>it</strong>aliani, tra i quali si registraun decremento speculare, almeno in termini relativi (-9.6%, paria 53mila persone). I coltivatori diretti in Italia, infatti, hannosuperato i 65 anni in più di un caso su 10 (11,1%), con forti difficoltàdi ricambio generazionale e con gli stessi migranti che soloraramente si fanno carico del subentro, soprattutto in ragione deicosti particolarmente elevati che segnano la fase di avvio.Resta il fatto che l’inserimento dei migranti in agricoltura, inparticolare come operai agricoli, in largaparte a carattere stagionale (+58,9%, pari a+86mila addetti tra il 2004 e il 2007, a frontedel -2%, pari a -33mila persone, rilevato tragli <strong>it</strong>aliani), è di fondamentale importanza perla stessa tenuta del settore e, quindi, dell’interosistema produttivo nazionale, che proprio nelcomparto agroalimentare trova una delle suepunte d’eccellenza.I dati quindi ci ricordano come le stesseproduzioni-principe del “Made in Italy” si fondino sull’apportodi lavoratori di origine neo o non comun<strong>it</strong>aria ai quali, però, avolte, non solo si stenta a riconoscere questo ruolo produttivo diinnegabile rilevanza, ma si fa fatica anche a garantire le tuteledovute. Parallelamente, il massiccio inserimento nel settoredomestico e di cura alla persona, spesso deregolato e schiacciatonell’informal<strong>it</strong>à, sottolinea come i lavoratori immigrati (e le donnein particolare) siamo divenuti un tassello fondamentale per la tenutadel sistema di welfare nazionale, che davanti alla progressivaemancipazione della donna dalla sfera puramente domestica nonè ancora riusc<strong>it</strong>o ad attivare efficaci forme di sostegno alternative.Ecco quindi che i dati degli archivi previdenziali ci ricordanoanche come i migranti, oltre a contribuire e beneficiare delleprestazioni di protezione sociale erogate a livello ist<strong>it</strong>uzionale,vanno parallelamente inquadrati come “creatori” di welfare, quel<strong>La</strong>borlibertàcivili2011 luglio-agosto95

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