Sulla figura del mediatore in ItaliaDialogo interculturalescimento) si sofferma sulle proposte condivise a livello interist<strong>it</strong>uzionaleindicando le strade per il futuro sviluppo della professione.Il documento, oltre a indicare competenze, capac<strong>it</strong>à epercorsi formativi del mediatore, propone percorsi per il riconoscimentoe la validazione delle competenze apprese daimediatori sul campo nel corso di esperienze pluriennali, neltentativo di non disperdere quel patrimonio di saperi acquis<strong>it</strong>iattraverso la pratica professionale.Nell’amb<strong>it</strong>o del dibatt<strong>it</strong>o sulla mediazione vi è chi ha individuatonella cost<strong>it</strong>uzione di un albo professionale dei mediatori unapossibile, parziale soluzione ai problemi sopra menzionati,così come è avvenuto per molte professioni sociali. E, tuttavia,si stanno modificando anche le funzioni della mediazione.Rimane valida e sempre più attuale la funzione pol<strong>it</strong>ica “socioculturaledi accompagnamento alla partecipazione ai dir<strong>it</strong>ti dinuovi c<strong>it</strong>tadini di ‘seconda categoria’, cui si riconoscono i dir<strong>it</strong>tisociali ma non pieni dir<strong>it</strong>ti pol<strong>it</strong>ici” (Balsamo 2006, p. 79).Il mediatore in questo senso diventa un agente di “democratizzazione”che favorisce l’acquisizione di una c<strong>it</strong>tadinanzapiena e questo sembra essere il suo ruolo principale oggi e neiprossimi anni. <strong>La</strong> sua presenza nei servizi di accoglienza eorientamento contribuisce alla riconfigurazione in chiave interculturaledei servizi andando oltre un’accoglienza di tipoemergenziale, per costruire canali di accoglienza e di rispostaai bisogni che tengano conto delle diverse specific<strong>it</strong>à di cuisono portatrici determinate fasce sociali. Il mediatore puòlibertàcivili2011 luglio-agosto109
Dialogo interculturalelibertàciviliSulla figura del mediatore in ItaliaSembranomaturi i tempiper ilsuperamentodei servizidedicatiagli stranierinella direzionedei serviziper tutti, ancheattraversola cost<strong>it</strong>uzionedi équipe dicollaboratori“etnicamente”mistefavorire processi di empowerment e promozione di dir<strong>it</strong>ti.“Partendo dal presupposto che la condizione sociale dell’immigratoè una s<strong>it</strong>uazione di debolezza che va rimossa, unapol<strong>it</strong>ica dell’immigrazione non può esimersi dal promuovere esostenere iniziative atte a far acquisire, alle persone immigrate,conoscenze e strumenti per interloquire in una posizione dipar<strong>it</strong>à. Per questo è necessaria la valorizzazione della personae della soggettiv<strong>it</strong>à in un contesto sociale attraverso attiv<strong>it</strong>à diformazione, sia come scuola di c<strong>it</strong>tadinanza – intesa comeavvicinamento a e appropriazione di fondamenti, potenzial<strong>it</strong>à,opportun<strong>it</strong>à e lim<strong>it</strong>i della realtà <strong>it</strong>aliana e locale – sia in terminidi aggiornamento delle competenze professionali” (Jabbar2006, p. 94). Si tratta, quindi, di lavorare per la realizzazione diun progetto interculturale di c<strong>it</strong>tadinanza creando le condizioniper cui “c<strong>it</strong>tadini immigrati e c<strong>it</strong>tadini autoctoni possano ridefinireuna casa comune, uno spazio di interazione e di collaborazione”(Jabbar 2006, p. 94).<strong>La</strong> funzione di “democratizzazione”, tuttavia, deve esserepropria di ogni operatore che deve farsi garante del riconoscimentodei dir<strong>it</strong>ti di tutti. Gli operatori dei servizi, quindi, sonoloro stessi mediatori culturali. Se la società <strong>it</strong>aliana sarà capacedi garantire alle seconde e terze generazioni un’integrazionenon subalterna forse si potrà fare a meno di professionisti cheoperino in qual<strong>it</strong>à di “mediatori culturali”. Se anche ai c<strong>it</strong>tadini<strong>it</strong>aliani di origine immigrata sarà offerta la possibil<strong>it</strong>à di diventareinsegnanti, medici, avvocati, ecc. si potrà fare a meno dellafigura del mediatore culturale.Al momento, tuttavia, le cose sembrano stare diversamente.Siamo ancora in presenza, molto spesso, di servizi specificidedicati alla popolazione immigrata. Sembra giunto almenoil momento per arrivare al superamento dei servizi dedicati(servizi speciali per stranieri) andando nella direzione dei serviziper tutti, che siano in grado di rispondere effettivamente aibisogni di tutti. Il mediatore culturale può assumere un ruoloimportante all’interno di questo percorso che potrebbe portare,come suo traguardo, alla presenza all’interno dei servizi di unaéquipe di collaboratori “etnicamente” mista.Il progetto interculturale rischia, tuttavia, di rimanere a livellodi pura intenzione se non prevede al suo interno i requis<strong>it</strong>i difondo di una prospettiva dialogica che presuppone una relazionetra pari, fra soggetti che siano in grado di far valere la propriasoggettiv<strong>it</strong>à. Tale prospettiva non può prescindere da alcunielementi quali:promozione dei dir<strong>it</strong>ti umani degli immigrati e rimozione1102011 luglio-agosto