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La città interetnica - libertacivili.it

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iSteve, goodbye geniuse di conseguenza il nostro agire. A partire dal dig<strong>it</strong>al divide chevigeva fino a pochi anni fa tra la gente e le macchine: informaticie computer da una parte, il resto del mondo dall’altra.Lui li ha condotti all’armistizio davanti a un Mac, per siglarequella stessa pace di Camp David che Clinton propose ad Arafate Rabin. Solo che Jobs in mano non aveva una biro ma una melamorsicata. Una tentazione irresistibile, e funzionò.Lui ha spianato il divario generazionale e culturale nelle nostrerelazioni sociali e familiari: un iPad è per tutti. Perchè unisce le manidi nonni e nipoti, stimola la creativ<strong>it</strong>à, agevola la professional<strong>it</strong>à.Mette un touchscreen al centro dei desideri e dei bisogni dichiunque. Tratta l’Economist come fosse Van<strong>it</strong>y Fair e The Sunal pari dell’Herald Tribune: icone uguali per tutti, cr<strong>it</strong>eri diricerca a discrezione dell’utente.Lui ha inventato un iPhone che è anche un telefono, ma che è,soprattutto, un device in grado di connettere due mondi culturali– il vecchio e il nuovo continente – che sulla terra ferma si stannoancora studiando, e nella rete si sono già abbracciati.Perchè per Jobs la comunicazione face-to-face da un capoall’altro del mondo via internet ha incrociato naturalmente le v<strong>it</strong>edei migranti. E non più dei sofferenti e disperati che trasbordanodalla cronaca e rappresentano l’approdo primordiale del multiculturalismo.I suoi testimonial sono già quella seconda generazioneinser<strong>it</strong>a e affermata, con radici ancorate nell’integrazioneculturale del paese osp<strong>it</strong>ante e il cuore lanciato oltre oceano,verso le famiglie d'origine africane, indiane, sudamericane. Ci hamesso il futuro, Jobs dentro questi iPhone, fotografando quellavera integrazione che probabilmente noi non saremo ancora ingrado di costruire per i nostri figli, mentre lui l’ha già regalataanche ai nostri pronipoti.E infine lui ha catturato una “i” strappandola al suo destino divocale. Per trasformarla nel prefisso identificativo di un mondoin divenire: la ”i” iconografica di iPod, iPhone e iPad. Quellainterdisciplinare di iTunes e quella ist<strong>it</strong>uzionale di iMac. <strong>La</strong> “i”innovativa di iCloud, ma anche, in suo omaggio, quella interplanetariadi iSad, che tocca il cuore e vuol dire amore, ultimoemozionato saluto che la iGeneration ha tributato a Steve Jobs.iSteve, goodbye genius.libertàcivili160 2011 luglio-agosto

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