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La città interetnica - libertacivili.it

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Volontariato e immigrazione: una prospettiva psicoanal<strong>it</strong>ical’esigenza di partecipare al micro-contesto rappresentato dalmondo del volontariato, dopo aver sperimentato le difficoltàincontrate nel voler partecipare al macro-contesto della societàosp<strong>it</strong>e, talvolta percep<strong>it</strong>o ancora estraneo ed estraniantea metà strada tra l’orientamento al sé (secondo Bramanti eCesareo) e la tipologia “proiettiva” (descr<strong>it</strong>ta da Marta e Scabrini)appare altrettanto costante l’aspirazione a mostrare, attraversoil coinvolgimento in attiv<strong>it</strong>à di volontariato, che il migrante èpersona capace di fornire aiuto e non solo persona bisognosa diaiuto. Si tratta, in sostanza, di un’esigenza di riconoscimentoident<strong>it</strong>ario.Insieme<strong>La</strong> strettaconnessionedell’impegnonelleassociazionicon il temadella“rest<strong>it</strong>uzione”da partedel volontarioche sentedi avercontrattoun deb<strong>it</strong>omorale con chil’ha aiutatoIl frequente richiamo – nella narrazione dei migranti intervistati– al tema connesso alla “rest<strong>it</strong>uzione” rimanda alla questione del“deb<strong>it</strong>o” morale, contratto da chi è stato aiutato, nei confrontidi chi ha aiutato. Come diceva un’intervistata peruviana “èimportante non sentire il ricatto morale che spesso si puòsentire quando si viene aiutati”. In altri casi, il bisogno direst<strong>it</strong>uire rimanda al desiderio di “correggere” le forme diaiuto ricevute, che si r<strong>it</strong>iene siano state “difettose”: “ero moltogiovane quando sono arrivata, stavo dalle suore insieme a unamia amica che aveva un bambino molto piccolo. Ci aiutavano, èvero, ma in cambio chiedevano di dar loro una parte delnostro stipendio, quasi la metà … questo ci ha molto fer<strong>it</strong>e”.L’idea di “rest<strong>it</strong>uire per colmare un deb<strong>it</strong>o” nei confronti delPaese d’arrivo sembra prender piede e dar luogo all’azione(la scelta di fare volontariato) in genere quando il migrante sisente più stabilizzato: “mi sento molto integrata nella società<strong>it</strong>aliana, lo ero già prima di iniziare il volontariato, anzi, forse nonlo avrei fatto se non fossi stata già integrata”. Non si riscontratuttavia un rapporto lineare e unidirezionale tra propensione arest<strong>it</strong>uire – attraverso l’attiv<strong>it</strong>à di volontariato – e livello d’integrazione.Del resto, dal punto di vista dell’esperienza psicologica,è molto difficile dire cosa significhi integrazione ed è ancorpiù difficile quantificarla 8 . <strong>La</strong> questione del “deb<strong>it</strong>o” e della“rest<strong>it</strong>uzione” certamente si matura nel corso di una fase disedentarizzazione ma appare relativamente indipendente dalraggiungimento di un ipotetico livello d’integrazione. Essaparla piuttosto degli interrogativi che il migrante si pone intorno8 È più facile quantificare l’integrazione in base a parametri sociologici, relativi allacondizione occupazionale, ab<strong>it</strong>ativa e di redd<strong>it</strong>o, oppure al grado di accesso ai servizie ai dir<strong>it</strong>ti di c<strong>it</strong>tadinanza attivalibertàcivili2011 luglio-agosto117

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