E domani - Anna Lussignoli

Quella sera uscimmo veramente, non eravamo soli. Andai con Giulia.
Pensai che per iniziare ci si poteva vedere in compagnia con altre
persone. In fondo non ci conoscevamo per niente. Finimmo a ballare
latino americano in tre. Non era proprio il numero perfetto per me,
ma a lui andava bene così. Ci immergemmo nelle danze a metà tra
l’erotismo e la pornografia e mi accorsi che avevo voglia di tuffare
le mie mani tra i suoi capelli e di inghiottire il suo profumo. Così ci
demmo il primo bacio. Non sentii le campane, questo no. Fu solo
un bacio, in un locale, al buio, di notte, niente di più. Forse l’unica
cosa che feci di diverso dalle altre volte fu guardarlo, tenere gli occhi
aperti quando i nostri nasi si scontrarono. Accendeva la mia fantasia,
m’incuriosiva, così non volevo perdermi i suoi lineamenti visti da
vicino. Mentre le nostre lingue si presentavano, lo penetravo. È una
cosa che evitavo di solito, perché tenere gli occhi aperti nella maggior
parte dei casi comporta che non si veda nulla e ciò è davvero
deludente, ma con lui rischiai e non ne capivo la ragione.
Tutto quello che venne dopo lo scrissi su pagine di vento che forse
sarebbero volate via un giorno oppure si sarebbero impresse sul fondo
del cuore.
Prima di tutto ci furono le parole. Le onomatopee, le metafore, le
voci. Poi ci furono i brividi, il pallore della luna appoggiata sull’oceano,
la musica.
Lui cominciò ad insegnarmi qualcosa. All’inizio non lo intuivo, lo
ignoravo. Non mi piaceva sollevarmi verso la luce eterea del mio io
guidata da un auriga che non conoscevo. Non mi fidavo. Lui credeva
di sì, ma la verità è che ne avevo paura. Temevo, e temo ancora adesso,
di scrivere quello che avevo visto, percepito, assaporato. Come
una linea retta mi tesi verso di lui e divisi in infinite parti il segmento
delle mie capacità. Fin dove potevo arrivare? Dove mi poteva con-
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