E domani - Anna Lussignoli

Quel libro parlava proprio di qualcosa di simile, come si intitolava?
Ricordai, anzi rimembro: “L’amore dura tre anni”. Sì professava che
l’amore avesse una scadenza, come le scatolette al supermercato.
Tutto avrebbe, dunque, una data di utilizzo: le città in cui decidiamo
di vivere, le amicizie che ci accompagnano durante le stagioni del
nostro cammino e, perché no, l’amore.
L’eterno trasloco dei sentimenti, l’interminabile impacchettamento
delle nostre cose da un cuore ad un altro sono la spiegazione delle
altalene del cuore? Come se fossimo sempre inquilini in affitto in una
casa che non ci apparterrà mai.
Forse i sentimenti altro non sono che facce della nostra esperienza,
facce della nostra memoria che vive, fino a quando c’è da vivere, e
poi muore… lentamente… come una mano privata delle sue funzioni
vitali che si srotola su un pavimento asettico. L’amore che dramma…
che poi alla fine uno dei due uccida sempre… l’altro?
La capacità di vedere la relatività dei punti di vista è la capacità di
vedere le cose, le facce, le persone, anche se si è su una metropolitana
in corsa.
Gli incontri-non incontri, gli appuntamenti perduti nelle stazioni o
per le strade, partoriscono tanta rabbia, amarezza e a volte, purtroppo,
rassegnazione. Rassegnazione alla nostra solitudine. Ci sentiamo
soli, ma non guardiamo oltre a noi stessi.
La rassegnazione è il male più grande.
L’arresa, davanti alla nostra piccolezza paragonata all’infinità del
cosmo, invece che la fiducia nella nostra grandezza, è la sconfitta
peggiore. La chiusura in un incanalamento verso mete già scritte e
disegnate è davvero deprimente.
Gli incontri-non incontri che lasciano una scia frastagliata dietro
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