E domani - Anna Lussignoli

prietari dello stabile dopo poco, ma difficile sarebbe stato portarmi via
il sogno in cui avevo creduto.
Nessuno può portarci via i nostri sogni perché, per quanto siano bizzarri,
sono nostri come null’altro. Sono nostri come sono state mie
queste parole in cui ho messo l’ anima per descrivere schizzi di vita che
qua e là mi è capitato di vivere, di attraversare, ma soprattutto di creare.
Sono state spesso malformazioni di un io puntiforme in movimento
ed errante alla continua ricerca di un equilibrio insieme avvolgente ed
avvolto da quello stesso io.
Mi fermai. Decisi di tornare indietro, di non andare da Jam. Non avevamo
più bisogno di altri momenti. Tutto ha un inizio e una fine. Decisi
di restare sull’autobus che mi avrebbe portata a S. Francisco e poi…
chissà. Pensavo a Miami, a un’altra sosta prima dell’Europa. Forse anche
New York. Là c’era Sara, sarei potuta andare da lei.
Salita sul bus sentii il mio ventre parlare, appoggiai la mano sulla pancia
e sentii qualcosa di diverso che avveniva dentro di me. Strinsi il mio
corpo nella muta consapevolezza che forse la crescita del mio seno non
era casuale. Sentii sotto la pelle che c’era in serbo per me un cambio
di stagione. Ebbi paura, ma sentii che un nuovo giorno mi attendeva,
mentre la notte copriva la città alle mie spalle.
Cosa sarebbe accaduto? Le persone si accalcavano sul bus. Le voci si
mescolavano allo strisciare dei bagagli. Una coppia prendeva posto
davanti a me.
“Billie siediti qui”. E poi: “Veronica sto arrivando, lo sai che faccio
sempre tardi”.
Mi sedetti, avvicinai lo zaino al ventre, quasi a proteggere qualcosa,
forse qualcuno.
Appoggiai la fronte al finestrino. Guardai L.A., le sue luci che si perdevano
da Beverly Hills alla nera Downtown. Guardai i suoi dislivelli
e per un attimo tutta la gente che ci era vissuta, che ci viveva e che ci
sarebbe vissuta in futuro. Chi ci era nato a L.A. e chi come me insegui-
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