E domani - Anna Lussignoli

tro una cultura sconosciuta a Los Angeles. Scoprivo qualcosa. C’era
sempre un nuovo perimetro da superare.
Abdu parcheggiò la macchina vicino ad una sorta di bancarella che
vendeva specialità messicane che mi risultarono indigeribili, ma non
lo diedi a vedere dato che non volevo rovinare il caldo, il silenzio,
la notte e Miriam-Abdu con un: “Certo che il cibo messicano a
quest’ora è proprio da voltastomaco”.
Altra gente aspettava e noi ci sedemmo. Abdu ordinò qualcosa che
non saprei ripetere e si mise vicino a me. Ancora qualche silenzio e
poi:
“Ti piace Stanley?”
“Veramente è solo un amico. Qui a L.A. non conosco molta gente e
quindi cerco amici, ma non è facile”.
“A Stanley piaci però e lo sapevi”.
Lo sapevo così come sapevo che in quel momento mi piaceva
Abdu.
Arrivò da mangiare e mi sforzai di avere una faccia compiaciuta.
Mentre ci sbriciolavamo sul mento Abdu mi si avvicinò, appoggiò il
piatto e mi baciò sulla bocca. Sembravamo il sole e la luna che s’incontravano
all’alba, una carezza d’acqua calda nell’oceano alle prime
ore del mattino.
Non avevo mai baciato prima un colore diverso dal mio. La mia educazione
m’insegnava a diffidare del diverso e di ciò che non conoscevo.
La società in cui ero cresciuta era fatta di bianchi e se salivo su un
autobus e c’era qualcuno non come me mi creava un certo disagio.
Non lo facevo per cattiveria o comunque non era una cattiveria conscia,
ma mi avevano insegnato così. Mi avevano insegnato l’ignoranza
del disprezzo e della paura, ma quando baciai Abdu sentii non
solo due labbra che s’incontravano, ma anche che io baciavo quello
che lui rappresentava per me. La sua mano nera sulla mia gamba
bianca mi piaceva e mi piaceva il fatto di baciare un altro mondo, di
unirmi a lui.
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