E domani - Anna Lussignoli

XX
Io e Jam c’incontravamo spesso davanti ai dormitori dell’Università
e lui tentava di saccheggiare i miei ricordi. Ogni volta inventava un
nuovo modo per estrarre cascate di memoria dalla mia mente. Mi
portava dove la schiuma di S. Monica si annebbia sugli scogli e con
le dita nodose tesseva l’anello di luce che si addormentava nell’oceano.
Poi cercava di imbrattare con i suoi modi le mie braccia nude.
Si avvicinava e si allontanava. Mi segnava il corpo con morsi decisi a
lasciarmi addosso il suo passaggio.
In quei giorni non avevo idea di quale fosse il mondo da cui veniva.
Mi occupavo del suo modo di accavallare le gambe, della forma degli
occhiali da sole che gli inforcavano il viso. Non vedevo nulla oltre la
camicia a righe che esaltava la carnagione scura.
Mi disinteressavo completamente dei suoi sordidi labirinti, quando
con aria contemplativa lo inseguivo sulle spiagge californiane perdendo
pezzi di vestiti che rimanevano tra la polvere e la sabbia come
perle prodotte da madre natura.
C’era un senso di unicità nei nostri incontri, quasi come se i templi
delle produzioni in serie non ci potessero sciupare un solo momento,
quasi come se la società cui appartenevamo in realtà si scindesse da
noi nell’istante in cui ci guardavamo negli occhi alle sei del mattino
mangiando un panino da Mel’s sul Sunset.
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