E domani - Anna Lussignoli
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XI<br />
Il tempo passò ed io mi ambientavo sempre di più nelle nuove strade<br />
che percorrevo. La Kelton era ormai un riparo sicuro e il Sunset mi<br />
mostrava ogni tanto qualche volto famoso. Cominciavo a dimenticare<br />
quello che era avvenuto prima della scritta “Beverly Hills” e<br />
dell’Apple Martini all’Habbey il mercoledì sera.<br />
All’Habbey, arcinoto locale gay in West Hollywood, incontrai la<br />
gente più stramba che ebbi mai modo di conoscere. Bar “ambiguo”<br />
e soprattutto ritrovo per giovani attori e omosessuali di ogni tipo,<br />
l’Habbey attraeva ambiziosi di ogni genere, qualcosa accomunava<br />
tutte le facce tirate dell’Habbey: il sogno. A volte mi chiesi se quelli<br />
fossero davvero aspiranti attori o dei semplici sognatori. Forse “los<br />
dos es el mismo” come mi aveva fatto notare Fabry, uno di loro dalle<br />
origini andalusiane.<br />
Una sera prima di andare a stordirmi all’Habbey mi capitò tra le<br />
mani una piccola busta contenente una lettera. Me l’aveva scritta<br />
Giulia:<br />
“Un leggero brusio riempie lo spazio asettico che mi circonda. Poca<br />
luce e nessuna voce.<br />
Oggi è morto il gatto di Mary.<br />
Ogni volta che muore una vita muore il mondo intero. Io sto malissimo.<br />
L’universo è freddo ed incostante. La mia poliedricità non mi<br />
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