E domani - Anna Lussignoli

si provi l’incertezza ed il dolore di cui parli”.
Mi ripiegai sul ventre come se quella mossa potesse permettermi di
diventare più piccola, quasi invisibile e tornarono alla mente le mie
strategie di vita. Avevo capito fin da piccola che l’andare bene a scuola
mi avrebbe permesso di non avere problemi di alcun genere, così
mi ci ero impegnata, seppur a volte un po’ meno. Avevo con questa
tattica fatto tacere amici e parenti, mi ero autoconvinta della mia
intelligenza e parallelamente costruivo un mondo immaginario tanto
assurdo, quanto ideale in cui tutto si srotolava su una strada diversa
da quella che percorrevo nella realtà. Questo mondo funzionava, ma
come tutte le cose che ci si inventa provocò un grave trauma quando
si sovrappose alla realtà.
La realtà s’impose eccome su di me, nel momento in cui, come in una
tragedia greca, l’attore principale viene tradito dal suo grande amore.
Io ero stata tradita dall’amore. Quell’amore in cui si può credere
una sola volta nella vita. Un uomo mi aveva tradita: Mattia. O per
meglio dire un amore mi aveva abbandonata.
Io, però, ero nata con un sogno: che l’amore esistesse e non potevo
che morire con quel sogno. Ci volevo credere, anche se l’abbandono
mi aveva gettata in una sorta di apatia e di noia. Aveva addormentato
la speranza.
Giulia era più forte, di quella forza preziosa ed illogica figlia della
testardaggine e dei grandi idealismi. Giulia sperava ancora. Perfino
ci credeva più di me.
Quando aveva tre anni sua cugina le cantava sempre una filastrocca
che più o meno faceva così:
“A cosa servono le mani?
Per toccare !!!
A cosa servono gli occhi?
Per vedere!!!
A cosa serve la bocca?
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