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E domani - Anna Lussignoli

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VII<br />

I tratti orientali dell’islamico catturarono subito la mia attenzione, era<br />

come un angelo venuto da un altro pianeta. Ricordo perfettamente<br />

il modo con cui mi si avvicinò. Lui aveva già deciso che sarei dovuta<br />

diventare la sua donna. C’era qualcosa in me che andava bene, anche<br />

se non capivo cosa visto che ero impresentabile, con i capelli sfatti e<br />

il viso segnato da una giornata di lavoro, lavoro che avevo trovato in<br />

una caffetteria intellettual-lussosa a Westwood, dopo il breve periodo<br />

al gazebo di Santa Monica.<br />

Ero strapazzata come i frappè e cappuccini che servivo ai tavoli,<br />

sembravo uscita da un frullatore. Eppure lui mi guardò da lontano<br />

all’inizio della Kelton Ave, mentre io ero sulla porta della caffetteria,<br />

si diresse verso di me, mi prese subito la mano per presentarsi quasi<br />

fosse un suo legittimo diritto farlo e, nonostante il mio inglese non<br />

fosse assolutamente perfetto, lo sentii dire:<br />

“Perdonami, ma sai che sono molto attratto da te”. Allora L.A. era<br />

anche quella cosa meravigliosa? Quel corpo perfettamente disegnato<br />

dentro una camicia di stile chiaramente italiano e quei grandi occhi<br />

neri che avrebbero potuto stravolgere il mondo di chiunque. Come<br />

era possibile resistere a tanta bellezza ed eleganza? Con voce forte e<br />

rassicurante m’interpellò:<br />

“Scusa posso sapere il tuo nome?”<br />

“Miriam, mi chiamo Miriam”.<br />

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