E domani - Anna Lussignoli

III
La mattina seguente un pallido sole solleticava le palpebre. Il breve
sogno era offuscato dai problemi routinari. Tanto per cominciare la
sveglia non era suonata. Sarei arrivata davanti ai volti dei miei ragazzi
con un certo ritardo, ottima ragione per legittimare un brusio intermittente
dalle otto all’una.
Scelsi senza cura gli abiti da indossare: la solita camicetta insignificante
abbinata con poca fantasia ad una gonna scozzese assolutamente
fuori moda.
Pescavo dall’armadio sempre abiti larghi, poco pretenziosi. Dipingevo
la mia personalità con altri stratagemmi: l’intelligenza, il carisma
e altre stupidaggini del genere. Non mi consideravo brutta, ma certo
non mi impegnavo ad avere uno stile.
Non era sempre stato così. Ricordavo benissimo quando avevo quindici
o sedici anni e il mondo mi pareva fatto solamente di baci, di
emozioni forti, di corse in motorino senza casco… Perché si sapeva,
il casco era poco “in” e noi ragazze fashion victims volevamo mostrare
i capelli, il viso troppo truccato, ma soprattutto la sbavatura
intorno agli occhi che faceva tanto punk cattiva e ribelle.
Da adolescente non avrei mai pensato che la vita mi avrebbe riservato
una classe di occhi annoiati o una scrivania di seconda mano
nell’ultima stanza dell’ultimo corridoio del mio istituto superiore.
Dicono che valga la teoria del piano inclinato per cui quando una
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