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E domani - Anna Lussignoli

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XVIII<br />

Jam rimbalzava il pallone contro il canestro e nel ruolo di playmaker<br />

guidava il gioco. Giulia ed io lo guardavamo dalle panchine. Dietro<br />

di noi l’oceano e sopra le scie degli aerei che abbandonavano Los<br />

Angeles.<br />

Giulia si aggiustava le pieghe della minigonna nera, unico colore da<br />

lei riconosciuto oltre il rosa, e parlava al cellulare. L’uomo del momento<br />

era un venticinquenne che aveva messo radici alla U.C.L.A.<br />

e che si faceva delle gran canne. A lei piaceva anche se non mi era<br />

chiaro il perché. Lui passava tutto il tempo a scaricare musica da<br />

internet, a giocare al computer oppure con la tavola da surf nell’oceano<br />

e lei impazziva per lui. Forse era la città degli angeli a darle alla<br />

testa o forse era il fatto che lui la portava in giro su macchine truccate<br />

che facevano un gran rumore su e giù per la città. Aveva due televisori<br />

in macchina, un impianto stereo che pareva una discoteca e con<br />

uno strano stratagemma sapeva far uscire il fuoco dal tubo di scarico.<br />

Insomma un fanatico, ma forse proprio l’esagerazione e l’eccesso dei<br />

sedili leopardati facevano sentire Giulia comoda.<br />

Jam seguiva attento con gli occhi il pallone, ma era visibilmente stanco<br />

anche perché ultimamente aveva problemi al ginocchio; tuttavia<br />

era ostinato e non gli andava di rinunciare al suo sport preferito.<br />

Giulia appoggiò la testa sulla mia spalla. Annusò l’aria, mentre il suo<br />

sguardo caliginoso si scontrava con il sole della California.<br />

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