Contratto e impresa - Cedam
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678 CONTRATTO E IMPRESA<br />
tanto cura di puntualizzare che a conclusioni affatto diverse, che consigliano<br />
una legislazione per norme imperative, deve pervenirsi (come peraltro<br />
si ritiene che in concreto avvenga) nell’ambito della contrattazione<br />
diseguale, o asimmetrica (cd. « terzo contratto » e, soprattutto, contratti<br />
del consumatore) ( 12 ).<br />
Questa tesi – ampiamente condivisibile – rischia di lasciare in<br />
(pen)ombra il ruolo effettivamente svolto dalle regole dispositive, e dalla<br />
loro deroga, nel diritto contrattuale asimmetrico. Infatti, anche in tale settore<br />
della contrattazione l’asimmetria di potere contrattuale (disorganica<br />
rispetto alle accennate esigenze sistemiche e culturali che impongono il<br />
contratto come frutto di una decisione condivisa) non è rimediata – se<br />
non in casi estremi – con la tecnica della legislazione imperativa, ma con<br />
il controllo dell’esercizio della libertà contrattuale in concreto, ossia con<br />
la verifica della razionalità della deroga al diritto dispositivo. Il che appare<br />
presenza o all’assenza di trattativa ai fini della disciplina dei contratti del consumatore (cfr.<br />
l’art. 3 della direttiva sulle clausole abusive e l’art. 34 codice del consumo). Nell’ambito della<br />
filosofia politica contemporanea, Dworkin, I fondamenti dell’eguaglianza liberale, in<br />
Dworkin e Maffettone, I fondamenti del liberalismo, Roma e Bari, 1996, p. 19, nel commentare<br />
le posizioni del neocontrattualismo (e specie il pensiero rawlsiano), stabilisce un<br />
importante nesso tra « contratto sociale » e « contratto commerciale » individuandolo nella<br />
prospettiva artificiale che l’accordo delle parti crea nel contratto commerciale (il quale è<br />
frutto non dei personali punti di vista, ma del loro compromesso) e che allo stesso modo si<br />
crea nel contratto sociale sulle regole del vivere civile. Il conflitto che dovesse insorgere<br />
tanto nel contratto commerciale quanto nella vita politica della comunità sarebbe sciolto<br />
non secondo le prospettive particolari dei competitori, ma secondo la prospettiva terza e artificiale,<br />
che consente la possibilità della condivisione dei risultati. Da questo orizzonte culturale<br />
emerge chiaramente (e ancora una volta) l’importanza, per il pensiero liberale (classico<br />
e contemporaneo), dell’idea di contratto come accordo tra volontà ragionevolmente libere.<br />
Sul punto v. adesso il contributo di Monateri, I contratti di <strong>impresa</strong> e il diritto comunitario,<br />
cit., p. 493, che scrive di come « il paradigma dell’autonomia negoziale, in particolare<br />
dell’autonomia negoziale delle transazioni commerciali bilaterali, diviene un paradigma<br />
per il modello stesso della società in senso più ampio ».<br />
( 12 ) Cfr. Gambaro, <strong>Contratto</strong> e regole dispositive, cit., p. 1, nota 1; p. 3, nota 12; Monateri,<br />
I contratti di <strong>impresa</strong> e il diritto comunitario, cit., p. 502. Più in generale, indagando il<br />
problema dei contratti d’<strong>impresa</strong> all’epoca della globalizzazione, scrive Falzea, Il diritto europeo<br />
dei contratti d’<strong>impresa</strong>, in Riv. dir. civ., 2005, I, p. 5 s.: « mentre la globalità non aggiunge<br />
potenza alla individualità dei fruitori ingigantisce, soprattutto con gli accaparramenti,<br />
la potenza delle imprese di produzione e distribuzione. [. . .] La via per riequilibrare il<br />
confronto tra imprese e consumatori, di conseguenza, deve rinvenirsi al di fuori dell’economia<br />
[. . .] al deficit di potere economico dei consumatori rispetto al potere economico delle<br />
imprese può porsi rimedio con l’ausilio delle regole giuridiche, mediante le quali vengono<br />
contenute entro canali invalicabili le forme di azione economica delle imprese nei rapporti<br />
con i consumatori ».