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Contratto e impresa - Cedam

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SAGGI 647<br />

quanto generico, che deve essere riempito di contenuto da parte dell’interprete.<br />

L’aggettivo « giusti » allude al fumus boni iuris, laddove i « motivi di urgenza<br />

» richiamano alla mente il periculum in mora.<br />

Il nocciolo del problema è per l’appunto questo: premesso che l’inibitoria<br />

cautelare è sostanzialmente sussumibile all’interno della categoria dei<br />

provvedimenti di urgenza previsti nell’art. 700 c.p.c., va accertato se i motivi<br />

di urgenza possano essere considerati un sinonimo del pregiudizio imminente<br />

ed irreparabile, di cui è parola in questa norma. Al quesito va data,<br />

senza dubbio, risposta negativa: il legislatore, parlando di motivi di urgenza<br />

anziché di pregiudizio imminente ed irreparabile, intende abbassare la soglia<br />

di accesso alla tutela cautelare, in quanto il primo requisito rappresenta qualcosa<br />

di meno, rispetto al secondo. Insomma, i motivi di urgenza non possono<br />

essere individuati dall’interprete mercè il recupero delle vecchie elaborazioni<br />

intorno al periculum in mora quale requisito dei provvedimenti di urgenza<br />

ai sensi dell’art. 700 c.p.c.: ricondurre i motivi di urgenza al pregiudizio<br />

imminente ed irreparabile vorrebbe dire non tener conto della specificità<br />

del giudizio inibitorio, e svuotare di pratica operatività il rimedio.<br />

L’indagine in ordine alla sussistenza dei motivi di urgenza è quanto<br />

mai delicata e complessa, e non ammette « scorciatoie », come da parte di<br />

taluno si propone. Così, si afferma che, nel caso di specie, il periculum in<br />

mora sarebbe in re ipsa, e cioè insito nello stesso fenomeno che la norma<br />

è chiamata a regolare: a fronte del pericolo che quotidianamente l’imprenditore<br />

continui a stipulare contratti con clausole abusive o vessatorie,<br />

vietate dalla legge, ovvero del pericolo che l’imprenditore continui a compiere<br />

atti lesivi dell’interesse dei consumatori ad una contrattazione corretta,<br />

trasparente ed equa, la sussistenza del periculum in mora sarebbe già<br />

stata valutata positivamente dal legislatore attraverso la tipizzazione della<br />

misura cautelare in esame.<br />

Tale interpretazione, pur animata dal lodevole intento di favorire la<br />

tutela dei consumatori, urta contro il chiaro tenore letterale delle norme<br />

in esame, e non può essere condivisa: tanto nell’art. 37, comma 2°, quanto<br />

nell’art. 140, comma 8°, del codice del consumo il legislatore espressamente<br />

richiede la sussistenza dei motivi di urgenza, mentre nei casi in cui<br />

il requisito del periculum in mora è in re ipsa l’urgenza non viene configurata<br />

come un presupposto necessario per l’emissione dei relativi provvedimenti<br />

(cfr., ad es., l’art. 1168, comma 4°, c.c.).<br />

All’estremo opposto, si sostiene che l’indagine in ordine alla sussistenza<br />

dei motivi di urgenza va condotta alla luce del principio secondo<br />

cui l’inibitoria finale è la regola, e l’inibitoria cautelare l’eccezione, da<br />

concedersi per l’appunto soltanto in ipotesi del tutto eccezionali.<br />

Nemmeno questa interpretazione, che condurrebbe a cancellare dal

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