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Contratto e impresa - Cedam

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SAGGI 691<br />

Una analisi serena dei testi della legge, che sfugga le inattuali tentazioni<br />

dell’argomentazione orientata alle conseguenze ( 52 ), conferma che la<br />

visione esposta porta a far confluire in una comune vasca di raccolta tanto<br />

l’art. 1374 c.c. che l’art. 1339 c.c., sulla inserzione e sostituzione automatica<br />

di clausole contrarie a norme imperative imposte nel contratto ( 53 ).<br />

Con il risultato di interrogarsi vanamente sulla autonoma funzione della<br />

seconda disposizione, sostanzialmente ripetitiva della prima (anche se di<br />

spettro più ampio) ( 54); oppure sulla autonoma funzione della seconda disposizione,<br />

meramente esplicativa – e tra l’altro per il caso più evidente e<br />

dunque a rigore per l’ipotesi meno necessaria – del generale principio<br />

dell’integrazione stabilito nella prima ( 55 ).<br />

Sembra allora difficilmente contestabile che, al fine di evitare « una serie<br />

di equivoci, o di falsi problemi » ( 56), conviene riconoscere che i fenomeni<br />

dell’integrazione della legge nel contratto (disciplinata nell’art. 1374<br />

c.c.) e della inserzione e sostituzione automatica di norme imperative nel<br />

contratto (disciplinata a sua volta dall’art. 1339 c.c.) esprimano una diversa<br />

ontologia, corrispondente alla diversità semantica che contrassegna integrazione<br />

da un lato e inserzione automatica e sostituzione dall’altro.<br />

Non senza ragione l’art. 1374, discorrendo di integrazione, tace sulla sostituzione,<br />

mentre l’art. 1339 c.c., discorrendo sulla inserzione e sostituzione,<br />

tace sulla integrazione ( 57). Nel primo caso si realizza il completamen-<br />

di quello in esame – cfr. le osservazioni di Breccia, Causa, in Tratt. dir. civ., diretto da Bessone,<br />

XIII, Il contratto in generale, tomo III, Torino, 1999, p. 93, che riprende la nota di Sacco,<br />

in Sacco e G. De Nova, Il contratto, II, cit., p. 447 sul sostanziale disinteresse mostrato<br />

dalla giurisprudenza rispetto ai tentativi della dottrina di strumentalizzare tale giudizio a fini<br />

di socialità del contratto.<br />

Sulle connessioni instauratesi nella riflessione dottrinale tra giudizio di meritevolezza<br />

e problema delle condizioni generali di contratto, è utile ricordare il contributo di Perlingeri,<br />

Appunti sull’inquadramento della disciplina delle cd. condizioni generali di contratto, in<br />

Condizioni generali di contratto e tutela del contraente debole, (Atti della Tavola rotonda tenuta<br />

presso l’Istituto di diritto privato dell’Università di Catania, 17-18 maggio 1969) Milano,<br />

1970, p. 25, che pose l’accento sulla esigenza del controllo di meritevolezza della clausola<br />

vessatoria, da affiancare a quello di liceità. Sul punto cfr. anche Liserre, tutele costituzionali<br />

dell’autonomia privata, Milano, 1971, p. 14.<br />

( 52 ) L’inattualità non sarebbe riscontrabile, naturalmente, nel metodo in se stesso, ma<br />

in quanto applicato a una questione segnata profondamente dall’evoluzione legislativa nel<br />

senso della tutela sostanziale della parte debole nel contratto.<br />

( 53 ) Cfr. Rodotà, Le fonti di integrazione del contratto, cit., p. 35.<br />

( 54 ) Come osserva criticamente Sacco, in Sacco e De Nova, Il contratto, II, cit., p. 402 s.<br />

( 55 ) Cfr. i rilievi di Irti, Introduzione allo studio del diritto privato, Torino, 1973, p. 127 s.<br />

( 56 ) C. Scognamiglio, L’integrazione, cit., p. 1029.<br />

( 57 ) Osserva Sacco, in Sacco e De Nova, Il contratto, II, cit., p. 403 che l’art. 1374 c.c.

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