Contratto e impresa - Cedam
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SAGGI 697<br />
todeterminato dalle parti deve limitarsi alle sole clausole per le quali è<br />
prevista una sostituzione di diritto: sì che, pur potendo risultare un regolamento<br />
nella sostanza non aderente all’interesse delle parti (o, meglio, a<br />
taluni fini da esse perseguiti), l’intervento della fonte legale è circoscritto<br />
entro limiti ben precisi, al di là dei quali le determinazioni delle parti sono,<br />
per così dire, al riparo da ogni modifica » ( 75).<br />
Parte della dottrina, nello studiare il problema delle clausole vessatorie<br />
non specificamente approvate per iscritto, concordando con l’avviso<br />
giurisprudenziale che le ritiene nulle, si preoccupò di escludere l’evenienza<br />
della nullità totale (quale esito indesiderabile nell’ottica della tutela<br />
della parte debole) teorizzando la possibilità della sostituzione della clausola<br />
onerosa e nulla con la regola dispositiva derogata ( 76 ). Argomentò la<br />
tesi sul rilievo che nel codice sarebbero rinvenibili numerose fattispecie (e<br />
così, per es. quella dell’art. 1815, comma 2°, formulazione originaria) in<br />
cui la clausola nulla è sostituita da un precetto legale in se stesso derogabile<br />
( 77 ), per concludere che la sostituzione attraverso norme imperative è<br />
l’ipotesi normale, ma non l’unica.<br />
La logica del codice civile, la peculiarità della disposizione dell’art.<br />
1339 (e quindi dell’art. 1419, comma 2°), la ritenuta necessità della stessa<br />
ai fini dell’effetto sostitutivo indipendente dalla indicazione in tal senso<br />
nella norma sostitutiva, e infine la diffusa convinzione (saldamente ancorata<br />
alla lettera della legge) che la sostituzione potesse avvenire soltanto a<br />
fronte di una norma imperativa (argomentabile come sostitutiva) ( 78 ) decretarono<br />
l’insuccesso della proposta. Fu agevole replicare che l’eccezione<br />
( 75 ) Rodotà, Le fonti di integrazione del contratto, cit., p. 54. In giurisprudenza è accalarato<br />
che per l’applicazione della regola sulla sostituzione di diritto delle clausole nulle si richiede<br />
che esista, in concreto, una norma imperativa specifica e omogenea, idonea a sostituire<br />
automaticamente la clausola nulla (perspicua sul punto Cass., 11 giugno 1981, n. 3783,<br />
in Bugani, La nullità del contratto, in I grandi orientamenti della giurisprudenza civile e commerciale,<br />
collana diretta da Galgano, Padova, 1990, p. 626). In altre parole, perché di applichi<br />
la sostituzione automatica, la norma imperativa deve prevedere una disciplina specifica<br />
della materia regolata dai contraenti in maniera difforme. Accertata l’imperatività della norma,<br />
verificata la corrispondenza fra l’oggetto della medesima e quello della clausola difforme,<br />
opera il meccanismo della sostituzione automatica.<br />
( 76 ) Così De Nova, Nullità relativa, nullità parziale e clausole vessatorie, in Riv. dir. civ.,<br />
1976, I, p. 486 ss. Nella stessa prospettiva v., prima ancora, Liserre, Tutele costituzionali dell’autonomia<br />
privata, cit., p. 131 ss.; Costantino, Regole di gioco e tutela del più debole nell’applicazione<br />
del programma contrattuale, in Riv. dir. civ., I, 1972, p. 77; cfr. anche le osservazioni<br />
di Nuzzo, Predisposizione di clausole e procedimento di formazione del contratto, in<br />
Studi in onore di F. Santoro Passarelli, Napoli, 1972, p. 558 ss.<br />
( 77 ) Per la critica a tale opinione cfr. oltre, par. 8.<br />
( 78 ) Cfr., da ultimo, Galgano, Diritto civile e commerciale, cit., p. 182, nota 34.