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Contratto e impresa - Cedam

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Nel 1985, codesto organo giudicante ha ritenuto che le lettere di patronage,<br />

« tenuto conto dei criteri ermeneutici di portata generale di cui agli<br />

artt. 1324 e 1326, sono atti a contenuto patrimoniale, giuridicamente vincolanti<br />

» per la patronnant, ma non configuranti un’obbligazione fideiussoria,<br />

in quanto non vi è nella lettera una volontà espressa di prestare fideiussione<br />

( 13). Il Tribunale escludeva anche l’ipotesi della promessa del<br />

fatto del terzo, rifacendosi a quella parte della lettera che afferma:<br />

in relazione alle facilitazioni che avete come sopra concesso e che andrete a concedere,<br />

ci impegniamo a controllare affinché . . . adempia puntualmente alle obbligazioni<br />

assunte nei vostri confronti quali risulteranno dalle vostre scritture; . . . premesso che<br />

non intendiamo cedere né parzialmente, né totalmente la partecipazione . . .ci impegniamo,<br />

comunque a tenervi preventivamente informati, a mezzo di lettera raccomandata,<br />

di eventuale futura cessione, parziale o totale delle azioni costituenti la nostra attuale<br />

partecipazione nella patrocinata; cessione che non potrà essere attuata prima che<br />

vengano rimborsati a vostra richiesta tutti i vostri crediti per capitali e interessi.<br />

Con tali dichiarazioni, secondo il Tribunale, il patronnant non prometteva<br />

il fatto del terzo,<br />

ma in forma meno coinvolgente il fatto proprio, vale a dire un controllo, esplicato nei<br />

suoi limiti di partecipazione, quale specificata nella prima parte delle lettere 19 aprile<br />

1977.<br />

Pertanto, il Tribunale sosteneva la natura contrattuale degli impegni<br />

contenuti nella lettera, ma avvertiva che le lettere di patronage<br />

possono anche essere intese quali negozi giuridici unilaterali ai sensi dell’art. 1987, non<br />

ostando alla detta qualificazione l’atipicità della promessa de qua potendo condividersi<br />

con la più recente e consolidata dottrina, la interpretazione della surriferita norma<br />

di cui all’art. 1987 c.c., siccome intesa non già ad identificare le promesse unilaterali<br />

con le sue figure tipiche di cui agli artt. 1988, 1989-2821 e titoli di credito, ma piuttosto<br />

volta a ribadire il principio dell’inefficienza, per la creazione del vincolo giuridico, della<br />

mera volontà di autobbligarsi, senza cioè la ricorrenza, com’è invece nel caso di specie<br />

per le ragioni già annunciate, di requisiti legali, quali la sussistenza e liceità di causa,<br />

la possibilità, la liceità, determinatezza o possibilità di determinazione dell’oggetto,<br />

richiamati e percepiti dalla più lata norma di cui all’art. 1324 c.c. e che costituisce la<br />

chiave interpretativa della menzionata disposizione di cui all’art. 1987 c.c.<br />

Con tale pronuncia il Tribunale sembrava configurare nel patronage<br />

una promessa unilaterale aderendo, com’è stato notato ( 14 ), a quella parte<br />

della dottrina che si mostra più favorevole ad un ampliamento dell’auto-<br />

( 13 ) Trib. Roma, 18 luglio 1985, cit.<br />

( 14 ) Atti, op. ult. cit., pp. 44-45.<br />

DIBATTITI 617

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