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Contratto e impresa - Cedam

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SAGGI 651<br />

zate a ricostituire la situazione antecedente alla violazione, ad eliminare<br />

cioè gli effetti prodotti dalla violazione, ripristinando lo status quo ante.<br />

Taluni autori, invece, prendendo spunto dal tenore letterale della norma,<br />

che fa riferimento agli effetti « dannosi », riconducono la stessa al risarcimento<br />

del danno: per il tramite dell’art. 140, comma 1°, lett. b), del<br />

codice del consumo potrebbero trovare ingresso azioni risarcitorie, esperibili<br />

dalle associazioni dei consumatori ogni qual volta il risarcimento, in<br />

forma specifica o per equivalente, possa rappresentare una misura idonea<br />

a correggere e/o eliminare gli effetti dannosi della violazione accertata.<br />

La maggior parte della dottrina, e l’unanime giurisprudenza, respingono<br />

ogni accostamento tra misure idonee e risarcimento del danno: il risarcimento<br />

del danno spetta (non all’associazione dei consumatori ma) al<br />

singolo consumatore danneggiato dalla violazione. Insomma, il contenuto<br />

patrimoniale dell’interesse collettivo è di difficile valutazione: e la difficoltà<br />

consiste nell’individuare un danno che, pur trovando origine in un<br />

illecito di tipo collettivo, non sembra distinguibile dalla somma dei danni<br />

scaturenti da quello stesso illecito nelle sfere dei singoli danneggiati.<br />

Problema dibattuto è quello del rapporto corrente tra l’inibitoria e le<br />

misure idonee: alcuni scrittori, infatti, leggono separatamente le lett. a) e<br />

b) del comma 1° dell’art. 140 del codice del consumo, e sostengono che le<br />

misure idonee non avrebbero una funzione ancillare dell’inibitoria, come<br />

mero strumento di attuazione di quest’ultima. Si tratterebbe, invece, di<br />

un rimedio autonomo: l’azione delle associazioni dei consumatori, ai sensi<br />

dell’art. 140, comma 1°, lett. b), del codice del consumo, avrebbe carattere<br />

successivo, e non preventivo come in ipotesi di inibitoria. Pertanto, la<br />

richiesta di misure idonee potrebbe essere proposta contestualmente all’inibitoria,<br />

ma anche a prescindere da questa.<br />

Sorge così il problema se le misure idonee possano essere chieste in<br />

via di urgenza, dato che l’art. 140, comma 1°, lett. b), del codice del consumo<br />

fa riferimento alle « violazioni accertate ». La tesi secondo la quale<br />

le misure idonee presuppongono l’accertamento della violazione e, come<br />

tali, non possono assumere la forma del rito di urgenza è rimasta isolata<br />

tanto in dottrina quanto in giurisprudenza. Il problema non ha nemmeno<br />

ragione di porsi per chi ritiene che le misure idonee siano uno strumento<br />

di attuazione dell’inibitoria: è evidente che, come l’inibitoria, così le misure<br />

idonee possono essere chieste in via di urgenza.<br />

È invece pacifico il carattere atipico o innominato delle misure idonee:<br />

il legislatore non le predetermina, ma lascia mano libera alla discrezionalità<br />

del giudice, che terrà conto delle peculiarità del caso concreto. E<br />

così, in dottrina si sottolinea come le misure idonee possano assumere i<br />

contenuti più vari, dando vita ad una ricca gamma di rimedi a favore delle<br />

associazioni dei consumatori.

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