Contratto e impresa - Cedam
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644 CONTRATTO E IMPRESA<br />
[più correttamente, titolo]». È allora opportuno affrontare il problema,<br />
soltanto apparentemente risolto dal legislatore mediante il rinvio alle altre<br />
norme del titolo I, dei parametri, dei criteri da applicare al fine di accertare<br />
l’abusività o la vessatorietà delle clausole.<br />
Invero, l’art. 4, par. 1, dir. Ce 93/13, che prevede i criteri di valutazione<br />
dell’abusività di una clausola, contiene l’inciso iniziale « fatto salvo l’art. 7 »<br />
(che disciplina, appunto, la tutela collettiva). Di siffatto precetto non vi è<br />
traccia nella disciplina italiana. Occorre allora accertare se i criteri di valutazione<br />
della vessatorietà, di cui all’art. 34, comma 1°, del codice del consumo<br />
(già art. 1469 ter, comma 1°, c.c.) siano utilizzabili tal quali nell’ambito<br />
del procedimento contemplato dall’art. 37 del codice del consumo.<br />
Chi optasse per un’interpretazione meramente letterale dell’art. 37,<br />
comma 1°, del codice del consumo dovrebbe dare una risposta affermativa<br />
al quesito.<br />
Questa soluzione non convince. In un procedimento di tipo generale,<br />
preventivo ed astratto, quale quello in esame, non possono per definizione<br />
assumere rilevanza elementi di specificità e di concretezza collegati al<br />
singolo contratto. Insomma, qualora le condizioni generali di contratto<br />
siano sottoposte ad un controllo preventivo, viene meno la stessa praticabilità<br />
di un esame esteso alle circostanze di specie: vi osta l’astrattezza del<br />
riscontro. Pertanto, nell’ambito del procedimento inibitorio, l’interprete,<br />
per valutare la vessatorietà di una clausola, non può utilizzare quei criteri,<br />
contemplati nell’art. 34, comma 1°, del codice del consumo, che fanno riferimento<br />
ad elementi di specificità del singolo contratto. Insomma, la<br />
formula, adottata nell’art. 37, comma 1°, del codice del consumo (« condizioni<br />
di cui sia accertata l’abusività ai sensi del presente capo ») va circoscritta<br />
nella sua portata, e letta come se recitasse: in base ai criteri di valutazione<br />
della vessatorietà, compatibili con la circostanza che oggetto del<br />
giudizio non è un singolo, concreto contratto, bensì uno schema contrattuale<br />
standard.<br />
Orbene, sicuramente inapplicabile è il criterio che fa riferimento alle<br />
circostanze esistenti al momento della conclusione del contratto. Utilizzabile<br />
appare invece il criterio che rinvia alla natura del bene o del servizio<br />
oggetto del contratto.<br />
Un discorso più ampio merita l’ultimo criterio contemplato nell’art.<br />
34, comma 1°, del codice del consumo, che fa riferimento « alle altre clausole<br />
del contratto medesimo o di altro collegato o da cui dipende ». Certamente<br />
inapplicabile appare tale criterio nella parte in cui rinvia alle clausole<br />
di un altro contratto collegato o da cui dipende. Invece, secondo l’opinione<br />
prevalente, il criterio è utilizzabile nella parte in cui rinvia alle altre<br />
clausole del contratto stesso (purché si tratti di clausole inserite nelle<br />
medesime condizioni generali di contratto).