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Contratto e impresa - Cedam

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SAGGI 643<br />

il tenore dell’art. 7, par. 3, della dir. Ce 93/13: l’azione inibitoria può essere<br />

diretta contro l’associazione dei professionisti che raccomanda l’utilizzo<br />

delle clausole, prescindendo da ogni indagine sull’effettiva utilizzazione<br />

delle clausole stesse da parte del professionista destinatario della raccomandazione.<br />

L’art. 140, comma 1°, lett. a), del codice del consumo [già art. 3, comma<br />

1°, lett. a), l. n. 281 del 1998] non pone invece alcuna limitazione al riguardo,<br />

in quanto parla, genericamente, di « atti » e di « comportamenti »<br />

lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti: l’azione inibitoria assume<br />

allora un carattere generalizzato.<br />

Ma vi è di più. Ai sensi dell’art. 37 del codice del consumo, il giudice<br />

inibisce al professionista l’uso delle clausole vessatorie: l’inibitoria ha un<br />

contenuto negativo, di non usare date clausole. Invece, ai sensi dell’art.<br />

140, comma 1°, lett. a), del codice del consumo, l’inibitoria può concernere<br />

tanto un comportamento commissivo, quanto un comportamento<br />

omissivo: pertanto, l’inibitoria può avere tanto un contenuto negativo (ordine<br />

di non fare), quanto un contenuto positivo (ordine di fare).<br />

L’art. 37, comma 1°, del codice del consumo limita l’ambito di applicazione<br />

del rimedio inibitorio alle sole « condizioni di cui sia accertata l’abusività<br />

ai sensi del presente capo [più correttamente, titolo]», sulle orme<br />

della dir. Ce 93/13: l’uso del termine « abusività », in luogo del termine<br />

« vessatorietà », appare nient’altro che il frutto di una svista del legislatore<br />

italiano (ed infatti nell’art. 140, comma 10°, del codice del consumo si parla<br />

dell’azione prevista dall’art. 37 del codice stesso in materia di clausole<br />

« vessatorie »). Pertanto, ai sensi dell’art. 37 del codice del consumo, in sede<br />

di inibitoria è possibile far valere la vessatorietà delle clausole, ma non<br />

la mera non trasparenza delle stesse.<br />

A differenti conclusioni si deve pervenire, per quanto concerne l’art.<br />

2, comma 2°, del codice del consumo (già art. 1, comma 2°, l. n. 281 del<br />

1998). Questa norma contiene un elenco di diritti dei consumatori riconosciuti<br />

come fondamentali: tra tali diritti, spicca, in materia contrattuale, e<br />

cioè del consumatore inteso come contraente, quello alla correttezza, trasparenza<br />

ed equità nei rapporti contrattuali. Il diritto, o meglio i diritti alla<br />

correttezza, trasparenza ed equità possono essere fatti valere anche in<br />

sede di inibitoria. Così, non può dubitarsi dell’ammissibilità di un’azione<br />

inibitoria, ai sensi degli artt. 139 e 140 del codice del consumo, di clausole<br />

non corrette (ad es., clausole cd. a sorpresa), o di clausole non trasparenti,<br />

o di clausole non eque.<br />

4. – Ai sensi dell’art. 37, comma 1°, del codice del consumo (già art.<br />

1469 sexies, comma 1°, c.c.) il giudice inibisce l’uso delle condizioni generali<br />

di contratto « di cui sia accertata l’abusività ai sensi del presente capo

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