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Untitled - La politica, piu di ogni altro settore della societa...

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proteggere, non c’era motivo <strong>di</strong> andare in cerca <strong>di</strong> qualcuno che era soltanto un<br />

vicino, e adesso neanche più <strong>di</strong> tanto, ché aveva lasciato la casa e mandato la moglie<br />

<strong>altro</strong>ve. I figli, però, erano al sicuro, i romani non avrebbero fatto loro alcun male,<br />

quelli andavano a caccia <strong>di</strong> ribelli. Quando il filo del pensiero lo condusse a questa<br />

conclusione, Giuseppe si ritrovò a <strong>di</strong>re ad alta voce, quasi rispondesse a una<br />

preoccupazione occulta, E neanch’io sono un ribelle. Imme<strong>di</strong>atamente, <strong>di</strong>ede una<br />

manata sul fianco <strong>della</strong> bestia, esclamò, Oh, oh, asino, e proseguì.<br />

Quando entrò a Sefforis, era il tramonto. Le lunghe ombre delle case e degli<br />

alberi, prima <strong>di</strong>stese per terra e ancora riconoscibili, cominciavano gradatamente a<br />

svanire, quasi fossero giunte all’orizzonte e lì sparissero, simili all’acqua scura <strong>di</strong> una<br />

cascata. C’era poca gente per le strade <strong>della</strong> città, nessuna donna, nessun bambino,<br />

solo uomini stanchi che posavano le fragili armi e si sdraiavano, ansimando per il<br />

combattimento da cui erano reduci o, forse, perché ne fuggivano. A uno <strong>di</strong> quegli<br />

uomini Giuseppe domandò, Sono vicini i romani. L’uomo chiuse gli occhi, poi<br />

lentamente li riaprì e <strong>di</strong>sse, Saranno qui domani, e sviando lo sguardo, Vattene,<br />

pren<strong>di</strong> il tuo asino e vattene via, Sto cercando un amico che è stato ferito, Se i tuoi<br />

amici sono tutti i feriti, sei l’uomo più ricco del mondo, E dove sono, Lì, dappertutto,<br />

anche qui, Ma c’è un qualche posto, in città, Sì, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> queste case, c’è un deposito,<br />

con un mucchio <strong>di</strong> feriti, forse ci troverai il tuo amico, ma fa’ presto, ormai sono più<br />

quelli che portano via morti <strong>di</strong> quelli che entrano ancora vivi. Giuseppe conosceva la<br />

città, c’era stato varie volte, sia per ragioni professionali, quando era venuto a<br />

lavorare in opere imponenti, assai frequenti nella ricca e prospera Sefforis, sia in<br />

occasione <strong>di</strong> feste religiose meno importanti, ché davvero non avrebbe avuto senso<br />

andare sempre a Gerusalemme, lontana com’è e con tutta la fatica che ci vuole per<br />

arrivarci. Scoprire quel deposito fu dunque facile, d’<strong>altro</strong>nde bastava seguire l’odore<br />

<strong>di</strong> sangue e <strong>di</strong> corpi sofferenti che aleggiava, si potrebbe ad<strong>di</strong>rittura pensare a un<br />

gioco del genere Acqua, acqua, fuoco, fuoco, secondo se si allontanasse o si<br />

avvicinasse il cercatore, Duole, non duole, i dolori erano ormai insopportabili.<br />

Giuseppe legò l’asino a una lunga stanga lì davanti ed entrò nella buia camerata in cui<br />

il deposito era stato trasformato. Per terra, fra le stuoie, alcuni lumini accesi<br />

rischiaravano fiocamente, come stelline nel cielo tutto buio, con una luce che bastava<br />

solo a segnalarne la posizione, vedendole da così lontano. Giuseppe percorse<br />

lentamente le file <strong>di</strong> uomini sdraiati in cerca <strong>di</strong> Anania, nell’aria si mescolavano odori<br />

forti, quello dell’olio e del vino con cui si curavano le ferite, quello del sudore, quello<br />

delle feci e dell’urina, ché alcuni <strong>di</strong> quegli sventurati non riuscivano neppure a<br />

muoversi e, lì dov’erano, rilasciavano ciò che il corpo, più forte <strong>della</strong> volontà, non<br />

voleva più trattenere. Qui non c’è, <strong>di</strong>sse Giuseppe fra sé e sé quando giunse alla fine<br />

del corridoio. Riprese a camminare in senso inverso, più lentamente, scrutando,

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