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Verso una maggiore integrazione dell'agricoltura nella ...

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L’area di studio: i comuni di Assisi, Bastia Umbra, Bettona e Cannara<br />

vieri, dipendenti pubblici, etc. Altri mezzadri, invece, pur cambiando condizione<br />

sociale, sono restati in campagna, costruendovi nuove abitazioni o ristrutturando<br />

le vecchie case coloniche. Emilio Vetturini riferendosi alla Valle Umbra sostiene<br />

che «L’esodo è stato particolarmente forte dalla montagna e dalla collina più interna;<br />

qualche piccolo paese, come ad es. Nottiano, si è del tutto spopolato. Molte<br />

case coloniche, abbandonate a se stesse, sono andate in rovina. Nelle pendici collinari<br />

meno fertili, i campi lasciati in abbandono, si sono rivestiti di vegetazione<br />

selvatica, adatta appena al pascolo delle greggi» (Vetturini, 1986: 166).<br />

L’abbandono dei poderi era diventato un serio problema già nel 1954-55; molti<br />

proprietari allarmati per la partenza dei loro mezzadri cercavano nuova manodopera,<br />

ma l’emigrazione prima e lo sviluppo industriale poi, hanno fatto precipitare<br />

l’esodo rurale e svuotato le campagne, soprattutto in collina e montagna.<br />

5.3 La fine della mezzadria e le trasformazioni del paesaggio agrario<br />

A partire dagli anni Sessanta con la fine della mezzadria, si innescano profondi<br />

cambiamenti di tipo strutturale nel settore agricolo, che derivano dalla specializzazione<br />

produttiva e dalla meccanizzazione delle lavorazioni. Le scelte tecniche<br />

non sono più orientate al raggiungimento dell’autosufficienza alimentare ma<br />

all’aumento della produzione e alla riduzione dei costi; obiettivi raggiunti attraverso<br />

la diminuzione della manodopera e l’aumento della meccanizzazione delle<br />

lavorazioni, garantita da parcelle più grandi.<br />

Sul paesaggio questi cambiamenti hanno prodotto: la scomparsa della coltivazione<br />

promiscua in collina e in misura prevalente in pianura, sostituita da vigneti o<br />

oliveti specializzati e da seminativi semplici; l’abbattimento degli alberi e<br />

l’eliminazione delle siepi, considerate come tare produttive e ostacolo per la meccanizzazione,<br />

e infine la trasformazione delle sistemazioni dei terreni, soprattutto<br />

in collina, modificando così la morfologia locale a seguito dell’accorpamento di<br />

più parcelle e del livellamento dei terreni con mezzi meccanici. La specializzazione<br />

produttiva ha comportato <strong>una</strong> modificazione nell’uso del suolo con<br />

l’introduzione di colture e/o varietà più idonee alla meccanizzazione o più redditizie.<br />

Oltre alla progressiva scomparsa della vite maritata altri sono i cambiamenti, a<br />

partire dagli anni Settanta, più o meno evidenti nel paesaggio, come: l’aumento di<br />

alcune colture sostenute dalla Unione Europea (girasole, mais) e la diminuzione di<br />

altre come la barbabietola da zucchero (a causa della chiusura dello Zuccherificio<br />

di Foligno nel 1980), dei prati artificiali e degli erbai invernali, finalizzati al trinciato<br />

erba-paglia da somministrare al bestiame, in conseguenza alla smobilitazione<br />

delle piccole stalle poderali. Altre coltivazioni sono rimaste più o meno inalterate,<br />

come quella del tabacco e dell’olivo. La cultura dell’olivo ha subito <strong>una</strong> di-<br />

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