hacktivism: la liberta' nelle maglie della rete - Dvara.Net
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e<strong>la</strong>zioni sociali. È per questo che si dice che il modello open source è<br />
economicamente più efficiente del modello basato sul<strong>la</strong> proprietà del<br />
sapere.<br />
Un prodotto open source, infatti, è tale che l'utente può manipo<strong>la</strong>rlo,<br />
appropriarsene e scambiarlo. Nel passaggio da un utente all'altro esso<br />
acquista valore secondo criteri diversi da quelli delle merci deperibili e<br />
scarse. La circo<strong>la</strong>zione di questa merce preziosa dipende dai suoi canali:<br />
infrastrutture, server, sistemi operativi, browser e software. Le<br />
differenze nell'accesso a questi strumenti si traducono nel<strong>la</strong> differenza di<br />
accesso al<strong>la</strong> conoscenza. Inoltre questi mezzi influenzano il comportamento<br />
degli utenti, perché gli strumenti software sono essi stessi dei modelli<br />
cognitivi e re<strong>la</strong>zionali.<br />
Per questo si cerca di imporre degli standard, ambienti cognitivi composti<br />
di linguaggi e procedure, cosa possibile solo se l'informazione circo<strong>la</strong> e<br />
viene copiata. Una volta imposto lo standard è possibile guadagnare non<br />
solo direttamente dal suo acquisto/utilizzo, ma è possibile farlo anche a<br />
partire dal<strong>la</strong> vendita di servizi supplementari, offrendo non solo manuali<br />
ma attenzione, assistenza e interazione comunicativa.<br />
La circo<strong>la</strong>zione di queste informazioni prelude al<strong>la</strong> costruzione di comunità<br />
produttive, come dice Rifkin. Le aziende hanno capito che i mercati<br />
digitali sono creati dalle comunità. Le comunità sono composte da soggetti<br />
che sono produttori e consumatori dei beni re<strong>la</strong>zionali che <strong>la</strong> nuova<br />
economia sforna. Questi prodotti creano le economie del desiderio che<br />
sfruttano <strong>la</strong> socialità per creare merci immateriali.<br />
Gli hacktivisti e l'accesso<br />
Il divario digitale che divide gli info-ricchi dagli info-poveri sta<br />
ridisegnando <strong>la</strong> mappa del pianeta secondo una linea di frattura dove<br />
l'ineguale accesso alle tecnologie determina di nuove disuguaglianze<br />
sociali: l'impossibilità di accedere alle opportunità offerte dal<strong>la</strong><br />
convergenza dei mezzi di comunicazione diventa fonte di nuove povertà.<br />
Alle numerose iniziative di discussione e alle diverse ipotesi di<br />
intervento per contrastare le povertà digitali - come <strong>la</strong> Ict Task Force<br />
chiesta da Kofi Annan e <strong>la</strong> Dot Force, cioè <strong>la</strong> Digital Opportunity task<br />
Force proposta al G8 di Okinawa - non hanno finora corrisposto azioni<br />
conc<strong>rete</strong>. I motivi sono molteplici.<br />
Se nel mondo occidentale il divario interno può essere efficacemente<br />
aggredito da adeguate politiche nazionali, ad esempio attraverso l'adozione<br />
di software libero <strong>nelle</strong> scuole e nel<strong>la</strong> pubblica amministrazione (vedi <strong>la</strong><br />
proposta del prof. R.Meo)27 e con il riciclo di vecchi computer che con il<br />
free software possono dare le stesse prestazioni degli ultimi modelli<br />
commerciali, a livello mondiale permane il problema degli standard<br />
nazionali da adottare, ancora subordinati a una logica commerciale per<br />
quanto riguarda <strong>la</strong> scelta dell'hardware e del software. Rimane il fatto che<br />
nei paesi in via di sviluppo che si dice potrebbero giovarsi<br />
dell'innovazione tecnologica, mancano luce e acqua e non solo le<br />
infrastrutture di comunicazione.<br />
I problemi però non finiscono qui, in quanto spesso l'ineguale accesso alle<br />
nuove tecnologie di comunicazione e segnatamente a Internet - che assomma<br />
il telefono, <strong>la</strong> radio <strong>la</strong> televisione e <strong>la</strong> carta stampata - dipende da<br />
scelte politiche di stati sovrani. È il caso del<strong>la</strong> Cina, dell'Iran, di Cuba<br />
e di molti altri paesi (vedi www.rsf.org.). Un problema di non facile<br />
soluzione in quanto questi stessi paesi considerano il controllo del<strong>la</strong> <strong>rete</strong>