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Sviluppo civile: per una critica simpatetica del paradigma ... - Aiccon

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L’economia all’idrogeno: Jeremy Rifkin<br />

L’economista americano si è occupato dei rapporti tra biotecnologie ed economia<br />

evidenziando soprattutto il problema energetico e l’entropia <strong>del</strong> sistema.<br />

Rifkin è convinto che le priorità siano il problema energetico, legato al petrolio, e il<br />

surriscaldamento globale, legato all’entropia. Questi due ostacoli a qualsiasi forma di<br />

sviluppo devono condurre la civiltà ad <strong>una</strong> grande rivoluzione energetica verso<br />

l’idrogeno. L’economista americano non si riferisce, come Daly, al generico sistema<br />

fisico a pone al centro <strong>del</strong> suo ragionamento un problema che ritiene principale cioè<br />

l’energia.<br />

In uno dei suoi più famosi scritti (Rifkin, 2004) l’economista americano si confronta<br />

con la realtà dei limiti fisici <strong>del</strong> mondo e con l’entropia ponendo l’uomo verso le due<br />

più grandi sfide contemporanee: il riscaldamento <strong>del</strong> globo e la scarsità <strong>del</strong>le risorse.<br />

A questi problemi Rikfin contrappone un mo<strong>del</strong>lo di economia e di sviluppo basata<br />

sull’idrogeno.<br />

Rifkin parte dalla constatazione che gli Usa hanno raggiunto il cosiddetto picco <strong>del</strong>la<br />

produzione petrolifera nazionale già nel 1970 dove <strong>per</strong> picco <strong>del</strong>la produzione<br />

s’intende l’aver estratto la metà <strong>del</strong>le riserve stimate disponibili. Anche la<br />

produzione mondiale di petrolio si avvia velocemente a raggiungerlo e da questo<br />

fatto discenderebbero due importanti problemi. Prima di tutto: “anche se gli es<strong>per</strong>ti<br />

non concordano sul momento in cui la produzione mondiale raggiungerà il picco,<br />

sono tuttavia <strong>una</strong>nimi nel ritenere che, quando ciò accadrà, la quasi totalità <strong>del</strong>le<br />

riserve petrolifere mondiali ancora sfruttabili sarà nelle mani di alcuni paesi<br />

musulmani, con un conseguente potenziale <strong>per</strong>icolo <strong>per</strong> l’attuale equilibrio di potere<br />

nel mondo” e poi “se la produzione mondiale di petrolio e di gas naturale<br />

raggiungesse il picco cogliendo il mondo impreparato, gli Stati e le aziende<br />

energetiche deciderebbero di sfruttare, come sostituti <strong>del</strong> petrolio, anche idrocarburi<br />

meno “puliti”, come carbone, olio combustibile e sabbie bituminose. Il ricorso a<br />

questi combustibili comporterebbe un incremento <strong>del</strong>le emissioni di CO2<br />

nell’atmosfera, e, di conseguenza, un surriscaldamento <strong>del</strong>la terra addirittura<br />

su<strong>per</strong>iore alla già preoccupante stima di un valore oscillante tra 1,5 e 5,8 °C da qui<br />

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