Sviluppo civile: per una critica simpatetica del paradigma ... - Aiccon
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<strong>del</strong>l'uomo rivendicato dagli umanitaristi. Lo sviluppo realmente esistente appare,<br />
dunque, nella sua verità e lo sviluppo alternativo come <strong>una</strong> mistificazione.<br />
Secondo l’economista francese, accostando al concetto di sviluppo un aggettivo<br />
(sostenibile, umano, locale, etc..), non si mette in questione l'accumulazione<br />
capitalista, al più si tratta di aggiungere un elemento sociale o <strong>una</strong> componente<br />
ecologica alla crescita economica come non molto tempo fa si è potuto aggiungervi<br />
<strong>una</strong> dimensione culturale. Se ci si concentra sulle conseguenze sociali, come la<br />
povertà, il tenore di vita, i bisogni essenziali, o sulla nocività arrecata all'ambiente,<br />
occorre evitare gli approcci olistici o globali di un'analisi <strong>del</strong>la dinamica planetaria di<br />
<strong>una</strong> Megamacchina tecno-economica che è funzionale alla concorrenza senza pietà e<br />
ormai senza volto. Che si voglia o no, non si può impedire che lo sviluppo sia<br />
diverso da quello che è stato. Lo sviluppo è stato ed è l'occidentalizzazione <strong>del</strong><br />
mondo .(Latouche, 2005)<br />
La <strong>critica</strong> <strong>del</strong> filosofo francese si concentra sulla sostenibilità <strong>del</strong>lo sviluppo,<br />
sostenuta da Herman Daly, e sul cosiddetto “stato stazionario”. L’espressione<br />
“sviluppo sostenibile”, in particolare, viene accusata di essere un ossimoro.<br />
Attraverso lo “sviluppo sostenibile”, infatti, molti pretendono di mantenere costante<br />
la crescita economica senza <strong>per</strong>ò danneggiare l’ambiente, bensì salvaguardandolo. È<br />
chiaro dunque, <strong>per</strong> Latouche, come il concetto di sviluppo sostenibile sia <strong>una</strong><br />
semplice trovata pubblicitaria utilizzata dalla politica su indicazione <strong>del</strong>le lobbies<br />
industriali e finanziarie, al fine di continuare a <strong>per</strong>correre indisturbate la strada <strong>del</strong>la<br />
crescita a tutto scapito <strong>del</strong>l’ambiente, quindi a svantaggio <strong>del</strong>la qualità <strong>del</strong>la vita<br />
<strong>del</strong>la popolazione mondiale e, ancor più, <strong>del</strong>le popolazioni <strong>del</strong> sud <strong>del</strong> mondo, che,<br />
incolpevoli e impotenti, vedono depredare le loro terre e mutare i loro stili di vita. Se<br />
Daly afferma la necessita di uno sviluppo senza crescita, Latouche contesta questa<br />
opzione <strong>per</strong>ché, usando le parole di Georgescu- Roegen, lo sviluppo “sostenibile” o<br />
“durevole” non può essere su<strong>per</strong>ato in <strong>una</strong> società <strong>del</strong>la crescita. Il limite di Daly,<br />
secondo l’economista francese, è quello di non riuscire ad uscire dal <strong>paradigma</strong> <strong>del</strong>lo<br />
sviluppo basato sull’accumulazione capitalistica, creando un concetto che è un vero e<br />
proprio ossimoro: “Questa posizione “casistica” [cioè lo “stato stazionario” di Daly]<br />
sottovaluta la dismisura specifica <strong>del</strong> nostro sistema. Non rinuncia né al modo di<br />
produzione, né al modo di consumo, né allo stile di vita prodotti dalla crescita<br />
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