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Sviluppo civile: per una critica simpatetica del paradigma ... - Aiccon

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capitale umano, il quale, attraverso la specializzazione, raggiunge gli standard<br />

qualitativi necessari <strong>per</strong> lo sviluppo economico. A seguito di tale crescita migliorano<br />

le condizioni di vita e si allargano le possibilità di scelta <strong>per</strong> i consumatori. Senza<br />

commercio interno non può esserci commercio internazionale, e senza quest’ultimo il<br />

progresso è fortemente limitato.<br />

La completa fede verso i meccanismi di mercato e l’assoluta negazione <strong>del</strong> suo<br />

fallimento (gli strumenti non possono fallire), fanno di Bauer il paladino <strong>del</strong><br />

liberismo <strong>del</strong>l’economia <strong>del</strong>lo sviluppo. Uno dei suoi principali meriti è quello di<br />

aver messo in luce gli effetti, talvolta nefasti, di politiche interventiste sullo sviluppo.<br />

La sua forte <strong>critica</strong> alla politica <strong>del</strong> FMI e <strong>del</strong>la Banca Mondiale <strong>del</strong> secondo<br />

dopoguerra si concentra proprio sulla dannosità degli investimenti specifici, tanto<br />

cari a Myrdal ed Hirschman. Secondo Bauer le “cure” hanno solo peggiorato la<br />

malattia. L’economista inglese ha sottovalutato, come egli stesso ammette (1984),<br />

l’importanza <strong>del</strong> potere politico nelle decisioni economiche: i governi tendono a<br />

governare attraverso l’uso degli “aiuti”. Si dimentica, <strong>per</strong>ò, che nel secondo<br />

dopoguerra ciò che influenzava maggiormente le decisioni di politica <strong>del</strong>lo sviluppo<br />

era la “guerra fredda”: Banca Mondiale e FMI, dipendenti dagli Usa (oggi come<br />

allora) pagavano la fe<strong>del</strong>tà al capitalismo con finanziamenti in funzione anti-<br />

sovietica. Negli anni ’80, cambiata la politica economica in senso liberista, questa<br />

tendenza non si modificò, anche se al posto di finanziamenti i governi dei paesi in<br />

via di sviluppo garantivano esclusivo libero commercio alle imprese occidentali<br />

(basti pensare alla politica liberista <strong>del</strong> generale Pinochet nel Cile dittatoriale).<br />

Il liberismo di Bauer si scaglia quindi contro qualsiasi tipo di programmazione<br />

economica <strong>per</strong> i paesi sottosviluppati. Questo controllo totale potrebbe essere messo<br />

in discussione dall’a<strong>per</strong>tura al commercio estero. La riduzione o l’eliminazione <strong>del</strong>le<br />

barriere, tariffarie e non, provocherebbe, infatti, distorsioni agli effetti programmati<br />

dal governo, impedendo così l’attuazione <strong>del</strong> piano di sviluppo. Bauer invece si<br />

scaglia contro queste convinzioni, da lui ritenute non solo errate, ma anche prive di<br />

logica. La domanda che Bauer si pone è: come è possibile che la totale chiusura di un<br />

paese al mercato internazionale riesca a far aumentare i redditi dei suoi cittadini?<br />

Come è possibile, cioè, che, senza importare risorse dall’estero e senza esportare i<br />

propri prodotti, si possa generare nuova ricchezza? Ciò che i pianificatori usano <strong>per</strong> i<br />

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