Sviluppo civile: per una critica simpatetica del paradigma ... - Aiccon
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La <strong>critica</strong> neo- marxista e la teoria <strong>del</strong>l’im<strong>per</strong>ialismo<br />
Nel corso degli anni ’50, Paul Baran cominciò, in modo allora solitario nel campo<br />
<strong>del</strong>l’economia <strong>del</strong>lo sviluppo, ad approfondire l’importanza <strong>del</strong> contributo teorico di<br />
Marx <strong>per</strong> l’analisi <strong>del</strong> sottosviluppo. Giudicando molto feconda l’analisi marxiana,<br />
ma ritenendola anche insufficiente <strong>per</strong> l’assenza di conoscenze specifiche<br />
approfondite sulla realtà dei paesi colonizzati, Baran criticò l’eccessivo ottimismo di<br />
Marx in merito alle “naturali” prospettive di sviluppo capitalistico di quei paesi e<br />
fece ricorso alla teoria <strong>del</strong>l’im<strong>per</strong>ialismo di Lenin, alla quale si dedicherà la parte<br />
finale di questo paragrafo. Baran introdusse presto nuovi concetti, a cominciare da<br />
quello di surplus economico effettivo (corrispondente alla differenza tra prodotto e<br />
consumo effettivo), con cui su<strong>per</strong>ava lo schema marxiano ortodosso.<br />
Paul Baran può essere considerato a tutti gli effetti il fondatore <strong>del</strong> neo-marxismo ed<br />
il suo contributo “The political economy of growth” può essere certamente ritenuto il<br />
primo contributo neo- marxista nella storia <strong>del</strong>l’economia <strong>del</strong>lo sviluppo. Per Karl<br />
Marx il futuro dei paesi sottosviluppati era già segnato: capitalismo, rivoluzione,<br />
socialismo. La fine <strong>del</strong> colonialismo e la rivoluzione cinese portarono il pensiero<br />
marxista verso un’evoluzione che attraverso la teoria <strong>del</strong>l’im<strong>per</strong>ialismo e la teoria<br />
economica standard portarono ad <strong>una</strong> scuola che, come vedremo, si distingueva sia<br />
dal marxismo classico sia dagli altri teorici <strong>del</strong>la dipendenza.<br />
Per l’economista russo i paesi sottosviluppati erano co<strong>per</strong>ti da “la cupa ombra<br />
<strong>del</strong>l’arretratezza” (Baran, 1952, p.75) e l’unico modo <strong>per</strong> uscirne era la crescita<br />
economica, assicurata da un aumento costante <strong>del</strong>la produzione totale. La posizione<br />
di Baran non era diversa da quella degli altri economisti <strong>del</strong> suo tempo (Nurkse,<br />
Singer, Rosenstein – Rodan) ma si distingueva dai suoi colleghi <strong>per</strong> un impostazione<br />
<strong>del</strong>l’economia “politica” puramente marxista. “Il fatto cruciale, che trasforma la<br />
realizzazione di un programma di sviluppo è qualcosa di illusorio, è costituito dalla<br />
struttura politica e sociale dei governi al potere.” (p.86)<br />
Il tentativo di istaurare un sistema capitalistico in <strong>una</strong> società praticamente feudale<br />
avrebbe avuto risultati catastrofici poiché gli aspetti negativi dei due sistemi<br />
(sfruttamento capitalistico e assenza di libertà civili) avrebbe portato ad un’<br />
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