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Sviluppo civile: per una critica simpatetica del paradigma ... - Aiccon

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- le politiche si concentrano sul rafforzamento <strong>del</strong>le reti associative e non sul singolo<br />

attore (Cooke e Morgan, 1998);<br />

- la finalità <strong>del</strong>le politiche è di promuovere la negoziazione e far emergere razionalità<br />

procedurali e adattive negli attori;<br />

- il processo di governance si fonda sulla mobilitazione di <strong>una</strong> pluralità di<br />

organizzazioni anche al di fuori degli attori di mercato e degli attori pubblici;<br />

- l’insieme di questi attori e organizzazioni costituiscono un’institutional thickness<br />

che garantisce la tenuta sociale <strong>del</strong>lo sviluppo economico (Amin, Thrift, 1994);<br />

- le politiche devono essere forgiate sulle specificità contestuali e sensibili nei<br />

confronti <strong>del</strong>le path dependencies. (in De Luca, Salone, 2008, p.55)<br />

In questa prima visione sembra <strong>per</strong>ò emergere continuamente l’elemento <strong>del</strong>la<br />

competitività territoriale che, come si vedrà in seguito, difficilmente si integra con il<br />

concetto di sviluppo <strong>civile</strong>, dato che il fatto stesso che i sistemi locali debbano<br />

competere in un sistema globale non li esula dall’essere parte di quel <strong>paradigma</strong> <strong>del</strong>lo<br />

sviluppo capitalistico <strong>del</strong> quale si è parlato nei primi capitoli. Infatti tra le fila degli<br />

scienziati sociali “progressisti” non mancano quanti, pur concordando con l’assunto<br />

secondo il quale occorre valorizzare le risorse locali, mettono in luce le<br />

problematiche riscontrate da politiche incentrate su questo nuovo approccio, ad<br />

esempio l’esiguità <strong>del</strong> numero <strong>del</strong>le o<strong>per</strong>e realizzate all’interno dei progetti di<br />

sviluppo nel Mezzogiorno <strong>del</strong>le quali sia possibile valutare i benefici <strong>per</strong> le società<br />

meridionali. Eppure, nemmeno questo quadro critico sembra annullare il valore di<br />

un’es<strong>per</strong>ienza che ha rovesciato l’impostazione tradizionale, centralizzata e<br />

gerarchica, <strong>del</strong>le politiche regionali tradizionali, ha sviluppato le istanze di un<br />

policentrismo strutturalmente importante ma poco valorizzato (Salone, 2005), ha<br />

promosso <strong>una</strong> responsabilizzazione <strong>del</strong>le élites dirigenti locali rispetto agli obiettivi<br />

<strong>del</strong>le azioni di sviluppo e ha spostato il fuoco sui fattori istituzionali <strong>del</strong>lo sviluppo<br />

(nel senso <strong>del</strong>le well structured institutions di Hayek). (De Luca, Salone 2008, p. 56).<br />

L’impostazione istituzionalista, di valorizzazione <strong>del</strong> territorio, è corretta ma, come<br />

mettono in luce Salone e De Luca: “la strada da <strong>per</strong>correre sembra quella di <strong>una</strong><br />

rivisitazione dei concetti-chiave alla luce <strong>del</strong>le pratiche, <strong>per</strong>ché essi non diventino<br />

refrain tanto frequenti da rischiare la vacuità (Hadjimichalis, 2006) o da riproporre,<br />

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