Sviluppo civile: per una critica simpatetica del paradigma ... - Aiccon
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Sarebbe un errore non riconoscere al capitalismo il suo ruolo nello sviluppo <strong>del</strong>la<br />
specie umana: <strong>del</strong>la sua potenza, <strong>del</strong>la sua ricchezza, <strong>del</strong> suo benessere. Quali che<br />
siano stati i suoi orrori, e sono stati immensi, non sono certo su<strong>per</strong>iori a quelli <strong>del</strong>le<br />
civiltà che l’hanno preceduto, fondate sulla schiavitù, sull’oppressione, sulla<br />
violenza; mentre immensamente su<strong>per</strong>iori sono i suoi meriti: l’incomparabile<br />
promozione <strong>del</strong>le attività di produzione, la diffusione prodigiosa <strong>del</strong>le innovazioni<br />
tecnologiche e, nei tempi più recenti, il compromesso politico con l’altro grande<br />
merito <strong>del</strong>la modernità: la democrazia. Una riflessione seria non può, d’altra parte,<br />
non riconoscere il rovescio <strong>del</strong>la medaglia: non solo l’esaltazione di Faust, ma anche<br />
la sua dannazione. Il capitalismo ha scatenato poderose forze distruttive<br />
<strong>del</strong>l’ambiente naturale e <strong>del</strong>la coesione sociale, fino a minacciare la sopravvivenza<br />
stessa <strong>del</strong>la specie. La sua “dannazione” sta nell’assurdità <strong>del</strong>la sua logica <strong>del</strong>la<br />
crescita illimitata. In natura non esistono processi di crescita illimitati, che non siano<br />
votati allo sterminio. I bambini non crescono come giganti, gli alberi non crescono<br />
all’infinito.<br />
I critici più radicali <strong>del</strong>lo sviluppo usano correntemente la metafora <strong>del</strong> treno in corsa<br />
verso l’abisso. Quali sono le alternative? Tendenzialmente tre: 1) scendere dal treno,<br />
cioè la decrescita <strong>del</strong>la quale ci si occu<strong>per</strong>à nel quinto capitolo; 2) richiudersi nel<br />
treno oscurando i finestrini; 3) cambiare direzione. La prima possibilità, pur essendo<br />
desiderabile, è altamente utopica e prevede <strong>una</strong> vera e propria “rivoluzione<br />
culturale”. La seconda possibilità è quella che la società attuale sta <strong>per</strong>correndo senza<br />
neppure rendersene conto. La terza possibilità è quella auspicabile <strong>del</strong>la deviazione<br />
verso un’economia solidale che abbia al centro <strong>del</strong> suo stesso modo di essere uno<br />
sviluppo umano e <strong>civile</strong>. (Ruffolo, 1994)<br />
Questo lavoro intende <strong>per</strong>correre la storia <strong>del</strong> pensiero economico puntando<br />
l’attenzione ai lavori di coloro che hanno visto e descritto questo <strong>per</strong>corso e che<br />
hanno proposto soluzioni <strong>per</strong> modificarne la natura suicida.<br />
L’obiettivo <strong>del</strong>la deviazione può essere raggiunto attraverso il raggiungimento di uno<br />
“stato stazionario”, che <strong>per</strong> gli economisti classici era un passaggio inevitabile<br />
nell’economia capitalistica. Questa deviazione, dalla crescita all’equilibrio,<br />
comporterebbe <strong>una</strong> formidabile redistribuzione <strong>del</strong>le risorse tra i ricchi e i poveri <strong>del</strong><br />
mondo, dato che non è concepibile che la crescita possa essere fermata <strong>per</strong> entrambi<br />
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