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Sviluppo civile: per una critica simpatetica del paradigma ... - Aiccon

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precedente. Ci rassegna ad un immobilismo che conserva, ma senza mettere in<br />

discussione i valori e le logiche <strong>del</strong>lo sviluppismo e <strong>del</strong>l’economicismo. Di<br />

conseguenza, ci si priva <strong>del</strong>l’apporto positivo <strong>del</strong>la decrescita conviviale in termini di<br />

felicità collettiva.”(Latouche, 2007, p.22). L’idea di stato stazionario ispirato da Mill<br />

è simile alla società <strong>del</strong>la decrescita auspicata dal filosofo francese.<br />

Il termine decrescita non è il termine opposto di crescita (come invece è a-crescita,<br />

termine forse più corretto <strong>per</strong> descrivere il movimento vicino a Latouche) e non<br />

identifica un mo<strong>del</strong>lo pronto <strong>per</strong> l’uso, ma è piuttosto “uno slogan che raccoglie<br />

gruppi ed individui che hanno formulato <strong>una</strong> <strong>critica</strong> radicale <strong>del</strong>lo sviluppo ed<br />

interessati ad individuare gli elementi di un progetto alternativo <strong>per</strong> <strong>una</strong> politica <strong>del</strong><br />

doposviluppo. Decrescita è dunque <strong>una</strong> proposta <strong>per</strong> restituire spazio alla creatività e<br />

alla fecondità di un sistema di rappresentazioni dominato dal totalitarismo<br />

<strong>del</strong>l’economicismo, <strong>del</strong>lo sviluppo e <strong>del</strong> progresso.” (p.12) Con questo slogan ci si<br />

riferisce a qualcosa di completamente nuovo, che porti ad un cambiamento radicale<br />

<strong>del</strong>la situazione attuale in cui la felicità e il benessere <strong>del</strong>le <strong>per</strong>sone vengono misurate<br />

con un indice puramente economico, il Pil, che, in realtà, misura la ricchezza<br />

secondo un metro prettamente capitalistico, dimenticando che il ben-essere di un<br />

popolo non coincide con il ben-avere. Ormai è un dato di fatto che, seppur abbiamo<br />

<strong>una</strong> quantità enorme di oggetti e abbiamo prospettive di lunga vita, la nostra serenità<br />

non è maggiore di quella dei nostri genitori o dei nostri nonni e la nostra felicità, è<br />

evidente, non è direttamente proporzionale al Pil.<br />

Per Latouche <strong>una</strong> società come quella <strong>del</strong>la crescita, dove la felicità promessa ai<br />

vincenti si traduce in accumulazione dei beni di consumo, in aumento <strong>del</strong>lo stress,<br />

<strong>del</strong>l’insonnia, <strong>del</strong>le turbe psicosomatiche e <strong>del</strong>le malattie di ogni tipo, è <strong>una</strong> società<br />

profondamente in crisi, soprattutto se <strong>per</strong> realizzarla si deve devastare<br />

indiscriminatamente l’ambiente in cui viviamo, contribuendo ancora di più ad<br />

aumentare il nostro malessere.<br />

Più precisamente, la società <strong>del</strong>la crescita non è auspicabile <strong>per</strong> tre motivi:<br />

1- Produce enormi disuguaglianze ed ingiustizie: nel 1970 il divario di<br />

ricchezza tra il quinto <strong>del</strong>la popolazione più povero e il quinto più ricco era<br />

di 1 a 30 ma nel 2004 il rapporto era di 1 a 74.<br />

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