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Sviluppo civile: per una critica simpatetica del paradigma ... - Aiccon

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Conclusioni<br />

“I filosofi hanno soltanto<br />

diversamente interpretato<br />

il mondo; si tratta di<br />

trasformarlo”<br />

Karl Marx<br />

Questo lavoro ha ri<strong>per</strong>corso la storia <strong>del</strong>l’idea di sviluppo ed è giunto ad <strong>una</strong> <strong>critica</strong><br />

“<strong>simpatetica</strong>” ad un <strong>paradigma</strong> che, nei fatti, ha dominato <strong>per</strong> decenni. Lo sviluppo<br />

<strong>civile</strong>, così come lo sviluppo umano, lo sviluppo sociale e lo sviluppo sostenibile<br />

rappresenta <strong>una</strong> “via d’uscita” <strong>per</strong> il treno <strong>del</strong>la crescita.<br />

L’apporto sostanziale di grandi economisti ha modificato nel corso <strong>del</strong> tempo l’idea<br />

che crescita economica e sviluppo fossero sempre e comunque sinonimi. La <strong>critica</strong><br />

talvolta più e talvolta meno radicale di autori come Karl Polanyi, Albert Hirschman e<br />

Amartya Sen ha arricchito il <strong>paradigma</strong> <strong>del</strong>lo sviluppo negando che esso possa<br />

dipendere esclusivamente da fattori economici. L’approccio “istituzionalista” <strong>del</strong>lo<br />

sviluppo locale e <strong>del</strong>lo sviluppo <strong>civile</strong> accoglie molte di queste critiche e si pone in<br />

a<strong>per</strong>ta contrapposizione con l’idea, o meglio ancora, con il dogma che la crescita sia<br />

sempre e comunque auspicabile. Lo sviluppo <strong>civile</strong> si pone in un filone di studio<br />

<strong>del</strong>l’economia che tende a studiare il bene comune ed il modo attraverso il quale è<br />

possibile migliorarlo. In questo lavoro non c’è ness<strong>una</strong> intenzione di aderire in modo<br />

“ideologico” ad idee “anti-progressiste” che, troppo spesso, radicalizzano lo scontro,<br />

proponendosi come unica via di salvezza. Questo “nuovo” concetto rischia<br />

certamente di “peccare” <strong>del</strong>l’utopismo dei cultori <strong>del</strong>la decrescita, ai quali va<br />

riconosciuto il merito di proporre comunque <strong>una</strong> reale alternativa al baratro verso il<br />

quale corre il “treno” <strong>del</strong>lo sviluppo. Nonostante questi meriti, non si può certo<br />

condannare <strong>una</strong> parola - “sviluppo” – individuando in essa tutti i mali <strong>per</strong> proporre<br />

<strong>una</strong> vera e propria rivoluzione anti-mercantilista. Esistono, nonostante quel che possa<br />

credere Latouche, alternative sostanziali al baratro ed esse sono state esposte, forse in<br />

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