Sviluppo civile: per una critica simpatetica del paradigma ... - Aiccon
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alla fine <strong>del</strong> ventiduesimo secolo, con ricadute sulla biosfera ancora più devastanti di<br />
quelle già previste.” (Rifkin, 2002, p.8)<br />
Egli vede come potenzialmente <strong>per</strong>icoloso e destabilizzante il fatto che le risorse<br />
energetiche residue siano localizzate soprattutto nei paesi <strong>del</strong> Golfo Persico; inoltre si<br />
preoccupa <strong>del</strong>l’impatto ambientale ancora più devastante che l’uso incontrollato dei<br />
combustibili fossili più tradizionali avrebbe sul pianeta se questi fossero impiegati<br />
accanto al petrolio. E’ la premessa dalla quale Rifkin parte <strong>per</strong> dare alla questione<br />
energetica <strong>una</strong> risposta alternativa all’uso <strong>del</strong> petrolio, basata sull’idrogeno. In questo<br />
si può individuare il lucido punto di vista di un economista che si pone il problema<br />
<strong>del</strong>la sostenibilità ambientale <strong>del</strong>l’attuale processo di accumulazione fondato su <strong>una</strong><br />
produzione complessivamente crescente di merci che richiede ovviamente un<br />
consumo di energia altrettanto crescente.<br />
Egli si rende conto, su<strong>per</strong>ando gli interessi specifici di questo o quel settore<br />
economico, il sistema economico sta giungendo a <strong>una</strong> fase <strong>critica</strong> data dal rapido<br />
esaurimento <strong>del</strong>le risorse petrolifere e che diviene necessario e urgente cercare, con<br />
indirizzi di politica economica e con adeguati investimenti, strade alternative di<br />
approvvigionamento energetico svincolate dagli attuali limiti quantitativi e geografici<br />
dei pozzi petroliferi. Rifkin propone <strong>una</strong> rivoluzione energetica <strong>per</strong>ché, come si<br />
vedrà, essa porta anche ad <strong>una</strong> rivoluzione “culturale” e politica.<br />
Continua poi mostrando che ogni precedente civiltà, ad esempio quella di Roma<br />
antica, quando non ha saputo risolvere la propria crisi energetica ha dovuto subire un<br />
inesorabile e tragico declino. L’economista americano fa discendere dalla crisi<br />
energetica la decadenza di un sistema economico e quindi di quella che lui chiama<br />
<strong>una</strong> civiltà. In ogni caso, <strong>per</strong> Rifkin il problema si sta riproponendo. Egli lo evidenzia<br />
facendo vedere come l’odierna globalizzazione è potuta avvenire <strong>per</strong> la possibilità di<br />
consumare a basso costo crescenti quantità di energia ricavata dal petrolio. Anzi tutta<br />
la storia <strong>del</strong> capitalismo <strong>del</strong>l’ultimo secolo, prima la lotta <strong>per</strong> il carbone, poi <strong>per</strong> il<br />
petrolio, è la storia <strong>del</strong>la lotta <strong>per</strong> il controllo <strong>del</strong>le fonti energetiche. Chi le ha<br />
governate si è assicurato <strong>del</strong>le ricchezze incommensurabili, chi invece non ha potuto<br />
disporne, i paesi arretrati ad esempio, ha dovuto subire un progressivo indebitamento<br />
e depau<strong>per</strong>amento. Detto questo egli pone <strong>una</strong> questione: “la nostra vulnerabilità è<br />
particolarmente elevata a causa di un’infrastruttura energetica molto centralizzata e<br />
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