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Sviluppo civile: per una critica simpatetica del paradigma ... - Aiccon

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ambiente in un deserto. Era inevitabile che la società prendesse <strong>del</strong>le misure <strong>per</strong><br />

difendersi, ma qualunque misura avesse preso, essa ostacolava l'autoregolazione <strong>del</strong><br />

mercato, disorganizzava la vita industriale e metteva così la società in <strong>per</strong>icolo in un<br />

altro modo. Fu questo dilemma a spingere lo sviluppo <strong>del</strong> sistema di mercato in un<br />

solco preciso ed infine a far crollare l'organizzazione sociale che si basava su di<br />

esso.” (Polanyi, 1974, p. 5-6)<br />

Secondo l’economista ungherese il capitalismo non è, come sosteneva la tradizione<br />

liberale, un naturale punto di approdo nelle società umane, ma l’estrema artificiosità<br />

di un sistema in cui l’economia si sottrae al controllo sociale diventa evidente al<br />

tramonto <strong>del</strong>la “civiltà <strong>del</strong> diciannovesimo secolo”. Dopo la crisi e le guerre la<br />

“società di mercato” non è più “naturale” <strong>del</strong>le altre società ma assai meno e , <strong>per</strong><br />

questo, è destinata a chiudersi con <strong>una</strong> crisi violenta come tutti i casi “patologici”.<br />

Il fallimento evidente <strong>del</strong>la filosofia liberale basata sul meccanismo <strong>del</strong> mercato si<br />

concretizza nella comprensione <strong>del</strong> problema <strong>del</strong> cambiamento. L’economia<br />

neoclassica è statica è quindi inadatta a comprendere un economia necessariamente<br />

dinamica.<br />

Polanyi mina le basi antropologiche <strong>del</strong>la dottrina economica liberale negando la<br />

pulsione fondamentale <strong>del</strong>l’attività economica cioè, sulla scorta di A. Smith, la<br />

“propensione al baratto, al commercio e allo scambio di <strong>una</strong> cosa con l’altra”. Su<br />

questa propensione si è formato l’utilitarismo e il <strong>per</strong>seguimento <strong>del</strong> benessere<br />

individuale è diventato un dovere, legittimo ed utile <strong>per</strong> tutta la società.<br />

L’economista ungherese è radicale nell’affermare la falsità di questo sistema:<br />

“Nonostante il coro di invenzioni accademiche tanto insistente nel diciannovesimo<br />

secolo, il guadagno e il profitto nello scambio non hanno mai prima svolto <strong>una</strong> parte<br />

importante nell’economia e <strong>per</strong> quanto l’istituzione <strong>del</strong> mercato fosse abbastanza<br />

comune a partire dalla tarda Età <strong>del</strong>la Pietra, il suo ruolo era soltanto incidentale nei<br />

confronti <strong>del</strong>la vita economica” (p. 57). Il sistema economico è <strong>una</strong> funzione <strong>del</strong><br />

sistema sociale e non viceversa, come sostengono i liberisti:“l’importanza vitale <strong>del</strong><br />

fattore economico <strong>per</strong> l’esistenza <strong>del</strong>la società preclude qualunque altro risultato<br />

poiché <strong>una</strong> volta che il sistema economico sia organizzato in istituzioni separate,<br />

basate su motivi specifici e conferenti uno speciale status. La società deve essere<br />

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