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Sviluppo civile: per una critica simpatetica del paradigma ... - Aiccon

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convinzione nascerà la sua teoria <strong>del</strong> moltiplicatore ed il suo interventismo regolatore<br />

nell’economia.<br />

Per l’economista inglese il sistema di accumulazione capitalistico, grazie alle<br />

continue innovazioni tecnologiche, sembra in grado di risolvere “nel giro di un<br />

secolo” quello che egli stesso considera il “problema economico” ossia il<br />

soddisfacimento dei bisogni essenziali <strong>del</strong>l’uomo. “Ciò significa che il problema<br />

economico non è, se guardiamo al futuro, il problema <strong>per</strong>manente <strong>del</strong>la razza<br />

umana” (J.M. Keynes, 1991, p.63)<br />

Una volta eliminato il problema <strong>del</strong>la scarsità, anche il capitalismo, ed il sistema di<br />

valori ad esso connesso che Keynes considera estremamente deprecabile, non avrà<br />

più motivo di essere, in quanto strumento con cui si è raggiunto il fine che si<br />

prefiggeva , e l’umanità se ne potrà liberare <strong>per</strong> dedicarsi ad attività più importanti<br />

alla natura <strong>del</strong>l’uomo. “L’amore <strong>per</strong> il denaro come possesso, e distinto dall’amore<br />

<strong>per</strong> il denaro come mezzo <strong>per</strong> godere i piaceri <strong>del</strong>la vita, sarà riconosciuto <strong>per</strong> quello<br />

che è: <strong>una</strong> passione morbosa, un po’ ripugnante, <strong>una</strong> di quelle propensioni a metà<br />

criminali a metà patologiche che di solito si consegnano con un brivido allo<br />

specialista di malattie mentali” (p.65).<br />

Questo è l’aspetto <strong>del</strong>la mentalità keynesiana che, a mio parere, si deve sottolineare<br />

quando si parla di sviluppo: <strong>per</strong> l’economista inglese lo sviluppo capitalista è <strong>una</strong><br />

fase necessaria <strong>per</strong> eliminare il problema economico e <strong>per</strong> potersi occupare di ciò che<br />

conta veramente nella vita. La visione <strong>del</strong> più grande economista <strong>del</strong> Novecento, alla<br />

luce <strong>del</strong>la moderna concezione di sviluppo infinito, sembra essere radicalmente<br />

estranea all’economia contemporanea: il denaro come mezzo e non come fine, lo<br />

sviluppo come mezzo e non come fine.<br />

La visione ottimistica di Keynes nei suoi saggi meno tecnici lascia all’intervento<br />

pubblico il “solo” compito di far si che via sia equilibrio tra risparmi ed investimenti<br />

e un maggior controllo <strong>del</strong>le decisioni di investimento affinché siano meno soggette<br />

“al capriccio individuale”. Nella Teoria Generale, dopo la grande Crisi, lo Stato<br />

assume un ruolo molto più invasivo. L’atteggiamento di Keynes nei confronti <strong>del</strong><br />

capitalismo è profondamente mutato. “La <strong>critica</strong> al meccanismo <strong>del</strong> mercato, alle sue<br />

capacità di autoregolazione, lo induce a sollecitare non soltanto l’azione ma la<br />

presenza diretta nell’economia di un soggetto che fino ad allora ne era rimasto in<br />

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