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PARARE HOSPITIUM<br />
sentative <strong>in</strong> paese verso la metà del secolo XV. Presso la locanda di Giorgio oste, <strong>in</strong><br />
quel medesimo anno 1415, il nobile Nicolò di Colloredo dispose numerose locazioni di<br />
beni a molti paluzzani. 12<br />
Nei documenti dello stesso periodo, ci viene segnalata <strong>in</strong> Paluzza la “stupa domus<br />
habitazionis Henrici hospitis de Muta” (la “stua” della casa dove abita Enrico oste<br />
di Mauthen). Possiamo dedurre che questo Enrico, pur essendo nativo d’oltralpe, fosse<br />
residente nella nostra villa e qui gestisse un’osteria. 13<br />
Tischlbongara piachlan<br />
• Osti di altre località •<br />
I documenti del tempo ci hanno tramandato anche il nome di alcuni tavernieri attivi<br />
<strong>in</strong> altre località.<br />
Ricordiamo, nella seconda metà del ‘400, un “Leonardo ustiero” <strong>in</strong> Tolmezzo. 14<br />
Si tratta senz’altro del “Leonardus hospes habitator <strong>in</strong> Tumecio et filius quondam<br />
Ioannes de thoblacho” (da Dobbiaco), il quale, nel 1474, fece testamento. 15<br />
Nel capoluogo carnico troviamo, nel 1482, un “Paulo hospite <strong>in</strong> Tometio”, il quale<br />
risulta creditore di Lire 6 e Soldi 6 verso pre Antonio de Vegla, al tempo officiante<br />
<strong>in</strong> Socchieve, “pro expensis oris factis <strong>in</strong> hospitio suo” (per spese cibarie fatte<br />
nella sua locanda). 16 Non dimentichiamo che, precedentemente, il sopraccitato pre<br />
Antonio era stato curato di Paluzza.<br />
Sempre a Tolmezzo, nel 1485, è ricordato “Iacobello cive (cittad<strong>in</strong>o) dicti loci et<br />
publico hospite”, presso la cui locanda pranzò la comitiva patriarcale di ritorno dalla<br />
Visita Pastorale alla Car<strong>in</strong>zia. 17<br />
Ancora, nel 1540, troviamo l’”hospitium” di Bernard<strong>in</strong>o Vigna, oste di Tolmezzo.<br />
18 Apparteneva, costui, ad una r<strong>in</strong>omata famiglia di notai, dimostrazione evidente<br />
della buona resa economica delle locande.<br />
Un’osteria più volte nom<strong>in</strong>ata nella prima metà del secolo XVI, era quella esistente<br />
<strong>in</strong> Zuglio e gestita da Urbano fu Orlando da Cedarchis, “cognom<strong>in</strong>ato Nigro hospite<br />
<strong>in</strong> dicto loco”. Come era usanza del tempo, numerosi atti notarili vennero rogati <strong>in</strong><br />
quel luogo: “1539. Actum <strong>in</strong> villa de Iulio.... penes domum hospitij Nigri” (presso<br />
la casa locanda di Negro). 19<br />
Non possiamo dimenticarci di un nostro compaesano, Leonardo figlio di Giovanni<br />
Agnese da Timau, abitante <strong>in</strong> Sacile ed <strong>in</strong> quella località menzionato, nel 1556, come<br />
“hospite ad Signum Turris”. 20 Faceva, qu<strong>in</strong>di, l’oste <strong>in</strong> detto luogo, <strong>in</strong> una locanda<br />
avente come <strong>in</strong>segna una torre o un castello.<br />
• Le locande di Paluzza: quella dei Bruni ... •<br />
Nel 1485 abbiamo menzione, per la prima volta <strong>in</strong> Paluzza, di un “hospitium”, cioè<br />
di una vera e propria locanda: quella di proprietà di ser Matteo Bruni. Era costui figlio<br />
di Leonardo, gran negoziante di v<strong>in</strong>i, formaggi e legnami anche con i paesi della vic<strong>in</strong>a<br />
Car<strong>in</strong>zia e più volte menzionato nei documenti della prima metà del ‘400. 21<br />
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