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PARARE HOSPITIUM<br />
vendita al pubblico era qu<strong>in</strong>di di 32/42 Lire al Conzo e considerando che <strong>in</strong> quel periodo<br />
il prezzo d’accquisto si aggirava sulle 22/26 Lire al Conzo, possiamo dire che, su<br />
tale prezzo, gli osti praticavano un aumento di circa il 50%.<br />
Riguardo alla nostra zona sappiamo che, nel 1796, nell’osteria di Tommaso fu Antonio<br />
Primus da Timau il v<strong>in</strong>o bianco era “limitato” a 12 Soldi. 130 Pur non essendo<br />
specificato nel documento <strong>in</strong> esame, presumiamo senz’altro si riferisse al costo del<br />
Boccale (da noi equivalente a 1,2 Litri) e ciò significa che esso si vendeva ad un<br />
prezzo leggermente <strong>in</strong>feriore rispetto a Tolmezzo.<br />
Tischlbongara piachlan<br />
• Per concludere... •<br />
Da segnalare che nel corso delle ricerche <strong>in</strong>traprese nei vari archivi, per la stesura<br />
di quest’articolo, sono stati r<strong>in</strong>venuti atti notarili che documentano le più antiche attestazione<br />
dei toponimi degli abitati di Timau, Cleulis, Rivo, Paluzza e Mauthen.<br />
Il documento più antico è del 1276 e ricorda Muta (Mauthen). Il 29 maggio di<br />
quell’anno il notaio Giacomo Nibisio da Gemona registrava nei sui atti: “Morasius<br />
teotonicus de Muta pro v<strong>in</strong>o recepto promisit solvere Gregorio calcifice de Glemona<br />
et heredibus XXV libros et tres den. Aquil. De Dom<strong>in</strong>ico proximo … ad XV<br />
dies proximos sequentes medictatem dicti precii et oliam medictatem ad voluntatem<br />
creditoris <strong>in</strong> penam IIII libr. d. v. par. et omnis expense etc. et quod possit<br />
pignorare etc.” Morasius per il v<strong>in</strong>o avuto, si riconobbe debitore verso Gregorio<br />
“calcifice” per 25 Lire e 3 Denari aquileiesi. 131<br />
Il 20 luglio del 1299 Enrico fu Enrico da Paluzza acquistò 15 Conzi di v<strong>in</strong>o terrano<br />
bianco da un certo Nicolò Cleffoni da Gemona, per il prezzo di una Marca di denaro<br />
aquileiese.“Henricus filius Henrici quondam de Paluza pro XV conciis terrani<br />
v<strong>in</strong>i albi recepto promisit dare Nicolao Cleffonis de Glemona 1 marcham denari<br />
Aquilegensi”. É questo il primo documento orig<strong>in</strong>ale <strong>in</strong> cui possiamo leggere per la<br />
prima volta (f<strong>in</strong>o ad oggi) il nome Paluza e quello di un suo abitante: Henricus. 132<br />
Abbiamo anche notizia di un atto precedente, datato 1288, <strong>in</strong> cui compare il nome<br />
Paluzza. Del documento, però non si riesce a r<strong>in</strong>tracciare la <strong>cop</strong>ia orig<strong>in</strong>ale, la citazione<br />
si trova <strong>in</strong> una stampa del 1774. In quest’atto Odorico fu Enrico da Gemona, per 43<br />
marche aquileiesi, vendette ad un certo Enrico detto Longo da Ligosullo ed ad altri il<br />
monte di Dimon, confermandoli <strong>in</strong> altre possessioni poste <strong>in</strong> Zenodis, Siaio e “... <strong>in</strong><br />
monte illorum de Paluza...”. 133<br />
Alcuni studiosi, facendo riferimento anche alla tradizione orale, riportano agli anni<br />
1234 e 1284 le prime notizie riguardanti il paese di Timau. Di questi documenti non si<br />
ha traccia e nessuno f<strong>in</strong>o ad oggi li ha visionati personalmente. Non si trova neanche<br />
il testamento orig<strong>in</strong>ale, datato 16 marzo1327, con il quale Giovanni di Cazuton di Sutrio<br />
dispone dei legati ad alcune chiese della valle del Bût, tra cui S. Gertrude “de Detamau<br />
de Carnea”. Il documento è ricordato <strong>in</strong> un regesto di V. Joppi che lo ha tratto<br />
da un protocollo oggi perduto del notaio Giovanni di Biagio da Gemona. 133a<br />
Il contratto datato 18 gennaio 1326 rappresenta perciò la prima attestazione uffi-<br />
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