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cop 8.pmd - Taic in Vriaul

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Tischlbongara piachlan<br />

• Timau commercia il v<strong>in</strong>o all’<strong>in</strong>grosso •<br />

PARARE HOSPITIUM<br />

Questo decreto precisava, però, che “non possa alcuno di detta Cargna <strong>in</strong>canevar<br />

v<strong>in</strong>i <strong>in</strong> Tamaù, se non per uso suo, e d’abitanti, e passagieri ...”. Si vietava,<br />

<strong>in</strong> pratica, il commercio all’<strong>in</strong>grosso nella villa di Timau.<br />

A tal riguardo vi fu una lunga lite tra i rappresentanti di Paluzza e del suo Quartiere<br />

ed i nobili Savorgnano, allora proprietari delle terre di Timau, <strong>in</strong> quanto, “pretendendo<br />

gli habitatori dalla villa di Tamao et <strong>in</strong>sieme li magnifici signori Giulio et fratelli<br />

Savorgnani del Monte per loro <strong>in</strong>teresse, come patroni delle case et terre di essa<br />

villa, di opporsi a gli habitatori di Palluzza et altri lochi del canale di San Pietro<br />

sopra la difficoltà che essi di Palluzza haveano mossa, cioè che nessuno potesse<br />

condure et <strong>in</strong>canipare nella detta villa di Tamao alcuna quantità di v<strong>in</strong>i oltre<br />

quella che fusse per uso et bisogno de gli habitanti di essa villa et per quella<br />

transitanti”. In un primo momento, le parti decisero di ricorrere al Luogotenente di<br />

Ud<strong>in</strong>e ed anche a Venezia “al suffraggio del serenissimo pr<strong>in</strong>cipe” ma, per evitare<br />

spese e <strong>in</strong>comodi cercarono di comporre amichevolmente la contesa. 113<br />

Il 24 aprile 1581 <strong>in</strong> Ud<strong>in</strong>e, tra ser Baldassarre Bertone capitano d’Osoppo <strong>in</strong> qualità<br />

di procuratore dei nobili fratelli Savorgnano e dei loro coloni e affittuari di Timau,<br />

da una parte e ser Nicolò del fu Pietro Coz capitano del Quartiere di San Pietro di<br />

Carnia, unitamente a Odorico fu Floriano del Moro e Ilario fu Giovanni detto Plembil<br />

tutti di Paluzza, dall’altra, posero f<strong>in</strong>e alla lite. Venne decretato “che a gli habitanti<br />

di essa villa di Tamao non s’<strong>in</strong>tenda prohibito il poter <strong>in</strong>canevare ogni quantità<br />

di v<strong>in</strong>i <strong>in</strong> essa villa, così per l’uso de gli habitatori et transitanti, come anco per<br />

venderne <strong>in</strong> grosso a thedeschi et altri che venissero nel paese per comprarne et<br />

trarne fuori, pagandosi però i debiti datii al serenissimo dom<strong>in</strong>io, overo a suoi<br />

mandati”. Questo accordo le parti lo raggiunsero “acciò che gli habitatori di essa<br />

villa di Tamao possano godere il loro benchè povero stato et sia levata l’occasione,<br />

anci la necessità, di abbandonare essa villa con danno delle <strong>in</strong>trade di<br />

essi magnifici Savorgnani”. 114<br />

Come si vede, il transito del v<strong>in</strong>o diretto oltr’alpe era soggetto a particolari norme<br />

e rigidissima era la loro applicazione. Spettava alla Gastaldia della Carnia riscuotere i<br />

dazi su tutte le merci dirette verso i paesi tedeschi ed i trasportatori erano tenuti a<br />

presentarsi dagli esattori per pagare il dazio e ricevere la bolletta.<br />

Quel documento, poi, veniva conservato e vigeva l’obblogo di esibirlo ad ogni altro<br />

eventuale controllo. A tale riguardo ricordiamo un episodio accaduto nel 1539: ser<br />

Pietro Coz da Paluzza, decano della Gastaldia, aveva richiesto a Giovanni Ledrer da<br />

Casarola <strong>in</strong> Allemagna l’esibizione della bolletta della muta per del v<strong>in</strong>o che egli trasportava<br />

(“ostenderet sibi bolletam mutae certi v<strong>in</strong>i per dictum Ioannem Ledrer<br />

conducti”); ma il trasportatore replicava al decano con parole <strong>in</strong>giuriose proferite <strong>in</strong><br />

l<strong>in</strong>gua tedesca. Citato <strong>in</strong> giudizio, Giovanni Ledrer ritirò quanto pronunciato, dichiarando<br />

di essersi espresso malamente e di riconoscere ser Pietro Coz come una brava<br />

persona (“pro viro bono et <strong>in</strong>tegerimo”). 115<br />

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