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TESI DI DOTTORATO Modellazione e analisi non lineare - LabMec ...

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Capitolo 8. Conclusioni<br />

Per i primi, si è fatto riferimento alla Modified Compression Field Theory (MCFT), sviluppata da<br />

Vecchio e Collins [1986] sulla base di numerosi risultati sperimentali. Si tratta, più precisamente di<br />

una teoria del tipo smeared rotating crack approach, nella quale si assume che le fessure siano<br />

diffuse, si sviluppino in una direzione parallela a quella delle tensioni principali di compressione e<br />

ruotino con essa nel corso dell’intera storia di carico.<br />

Particolare attenzione è stata rivolta a due modelli macroscopici: il Three Vertical Line Element<br />

Model, TVLEM, ed il Multi Component in Parallel Model, MCPM.<br />

Il primo modello, proposto da Kabeyasawa et al. [1982 e 1984] sulla base di osservazioni<br />

sperimentali scaturite a seguito di prove di carico pseudo-dinamiche su un edificio in c.a. di 7 piani<br />

con sistema strutturale telaio-parete, simula il comportamento di una parete realizzata mediante la<br />

combinazione di due elementi esterni (boundary columns), fortemente armati e ben staffati, con un<br />

pannello centrale a doppia armatura incrociata. I due elementi di bordo della parete sono<br />

schematizzati da due pendoli, mentre la risposta del pannello centrale è simulata da tre molle: una<br />

orizzontale, per la descrizione del comportamento a taglio, una verticale, per simulare la risposta<br />

assiale, ed una rotazionale, per la schematizzazione del comportamento flessionale. In<br />

corrispondenza dei livelli di piano, si suppongono presenti due travi rigide. Il comportamento<br />

isteretico delle molle assiali viene descritto attraverso il legame Axial Stiffness Hysteresis Model<br />

(ASHM), proposto dagli stessi autori del modello, mentre per le molle rotazionale ed orizzontale, è<br />

utilizzato un legame isteretico orientato all’origine (Origin Oriented Hysteresis Model, OOHM).<br />

Il Multi Component in Parallel Model, proposto da Vulcano et al. [1988], risulta anch’esso<br />

relativamente semplice ed è in grado di descrivere con sufficiente affidabilità i fenomeni messi in<br />

evidenza dalla sperimentazione sul comportamento delle pareti, consentendo una sensibile<br />

riduzione delle assunzioni empiriche. Il generico concio di parete si suppone costituito da un<br />

insieme di elementi monoassiali verticali, che, collegati in testa e al piede da travi rigide, simulano<br />

la risposta flessionale ed assiale dell’elemento di parete, e da una molla orizzontale, posta ad<br />

altezza ch sull’asse del concio (0 < c < 1), che simula la risposta a taglio.<br />

Sulla base dei due modelli anzidetti, sono state introdotte delle varianti riguardanti le leggi che<br />

descrivono la risposta dei sub-elementi costituenti i modelli stessi.<br />

Nel capitolo 5 sono state descritte le caratteristiche geometriche e meccaniche delle strutture test<br />

prese in considerazione e le condizioni di carico a cui sono state assoggettate. Tali strutture test<br />

consistono in due pareti strutturali in c.a. sottoposte a prove di carico monotono e ciclico, presso<br />

l’Earthquake Engineering Research Center della University of California a Berkeley, i cui risultati<br />

sperimentali sono riportati in Vallenas et al. [1979]. In particolare, si è fatto riferimento ad una<br />

parete dotata di ringrossi alle estremità, framed wall (Specimens 3 e 4), appartenente ad una<br />

struttura prototipo di dieci piani, e ad una parete avente sezione rettangolare, rectangular wall<br />

(Specimens 5 e 6), progettata per un edificio di sette piani. Le loro dimensioni corrispondono ad 1/3<br />

di quelle del prototipo.<br />

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