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biblioteca di studi di filologia moderna – 10 - Firenze University Press

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1<strong>10</strong><br />

siri nergaard<br />

da un lato e quelli sul canone dall’altro, e, <strong>di</strong> conseguenza, un legame tra<br />

questi due ambiti <strong>di</strong> ricerca. riconoscere quanto i sistemi <strong>di</strong> potere e <strong>di</strong><br />

norme che le istituzioni incarnano siano decisivi per determinare come i<br />

testi ‘viaggiano’, vengono tradotti e canonizzati, è infatti un punto in comune<br />

tra queste <strong>di</strong>scipline. nei ts questo tipo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> si presenta quale<br />

prospettiva alternativa rispetto a quelle che si limitano a considerare la<br />

natura strettamente linguistica e stilistica dei testi, per spiegare come e<br />

perché i testi vengono tradotti in una certa maniera; nell’ambito degli stu<strong>di</strong><br />

sul canone, essi sono alternativi alle prospettive tra<strong>di</strong>zionali che pretendono<br />

<strong>di</strong> poter stabilire un canone (occidentale) con valenza universale<br />

basato sul valore estetico.<br />

i punti in comune tra gli stu<strong>di</strong> sulla traduzione e quelli sul canone cominciano<br />

ad essere molti, a partire da questa esigenza <strong>di</strong> ‘guardare fuori’<br />

dal testo per capire le ragioni delle sue trasformazioni interne, in funzione<br />

della traduzione, dell’antologizzazione e della canonizzazione. nella<br />

maggior parte degli stu<strong>di</strong> mi sembra che ci si limiti a riconoscere il valore<br />

delle istituzioni nella formazione e trasformazione delle reciproche entità<br />

testuali, nella traduzione da una parte, nel canone dall’altra, senza però<br />

fare il passo successivo e mettere le due entità in relazione. manca spesso<br />

la spiegazione delle ragioni extratestuali <strong>–</strong> per esempio istituzionali <strong>–</strong><br />

comuni sia alle traduzioni sia al canone, che fanno sì che un testo venga<br />

tradotto secondo una precisa strategia, proprio in funzione della sua inclusione<br />

nel canone. lefevere rappresenta in questo caso un’eccezione alla<br />

tendenza dominante: nel riconoscere che le esigenze del canone sono guidate<br />

da fattori lontani da quelli estetici egli <strong>di</strong>mostra infatti che tali esigenze<br />

sono in grado <strong>di</strong> guidare tutto il processo <strong>di</strong> riscrittura delle opere,<br />

tra cui anche la traduzione:<br />

a prescindere dal mezzo <strong>di</strong> cui si servono <strong>–</strong> traduzioni, storie o<br />

compen<strong>di</strong> <strong>di</strong> letteratura, opere <strong>di</strong> consultazione, antologie o saggistica<br />

<strong>–</strong> i riscrittori tendono comunque a trasformare più o meno profondamente<br />

gli originali, manipolandoli per adattarli all’ideologia o alle<br />

concezioni poetiche del proprio tempo 15 .<br />

l’ideologia e le concezioni poetiche <strong>di</strong> una cultura in un certo momento<br />

storico influenzano, quin<strong>di</strong>, i ‘requisiti’ che i testi letterari devono<br />

possedere per essere inclusi nel canone; tali requisiti, a loro volta, influenzano<br />

le strategie <strong>di</strong> selezione e traduzione dei testi, ai fini dell’inclusione<br />

nel canone. attraverso numerosi esempi tratti dalla storia della letteratura,<br />

lefevere illustra come molte opere straniere hanno subito ra<strong>di</strong>cali trasformazioni<br />

per essere adattate alle norme e alle aspettative della cultura<br />

<strong>di</strong> arrivo, senza le quali non avrebbero nemmeno potuto essere prese in<br />

considerazione per una eventuale canonizzazione. «un esempio clamoroso<br />

della combinazione <strong>di</strong> motivazioni ideologiche e poetologiche», scrive lefevere,<br />

è la riscrittura delle Rubāiyāt (Quartine) del poeta persiano omar<br />

Khayyām da parte dello scrittore vittoriano edward fitzgerald:

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