biblioteca di studi di filologia moderna – 10 - Firenze University Press
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PerformatiVita’ del canone 43<br />
linguaggio, nel senso che il linguaggio ha bisogno della materialità dell’iscrizione<br />
per funzionare come linguaggio.<br />
25 ‘decostruire’ in questo senso significa ‘<strong>di</strong>s-fare’, de-se<strong>di</strong>mentare un sistema<br />
concettuale, non allo scopo <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggerlo, ma allo scopo <strong>di</strong> comprendere come<br />
esso si sia costituito (derrida, 1985). secondo derrida, in ogni sistema <strong>di</strong> pensiero<br />
si può rintracciare un concetto che non può <strong>di</strong> fatto essere pensato all’interno della<br />
struttura concettuale del sistema stesso <strong>–</strong> che deve cioè restare impensato, per<br />
permettere al sistema <strong>di</strong> esistere. Per restare nell’ambito del canone, si potrebbe<br />
<strong>di</strong>re ad esempio che l’enunciato performativo teatrale è l’impensato della teoria<br />
austiniana degli atti linguistici.<br />
26 un esempio molto recente è il lavoro sulle tecnologie <strong>di</strong>gitali portato avanti<br />
da alexander galloway (2004) e, sulla base <strong>di</strong> galloway, dalla più recente Katherine<br />
Hayles (2005). sia galloway che Hayles considerano il software come un<br />
atto linguistico (scritto), ossia leggono un programma per computer come un<br />
enunciato performativo con conseguenze materiali nel mondo reale. nel corso<br />
della loro analisi, tuttavia, entrambi finiscono per reintrodurre una <strong>di</strong>stinzione<br />
tra aspetto simbolico e aspetto fisico del software che sembravano inizialmente<br />
respingere.<br />
27 in Performativity and Performance, sedgwick propone un’altra interessante<br />
rilettura della performatività, rintracciando la domanda sul ‘quando e come il<br />
<strong>di</strong>re qualcosa equivale al fare qualcosa’ nelle origini del pensiero europeo (genesi,<br />
Platone, aristotele) e avvertendone le risonanze, attraverso austin, fino a quella<br />
che sedgwixk definsce «l’ecolalia carnevalesca» della scrittura teorica degli ultimi<br />
trent’anni (sedgwick 1995, p. 1). sedgwick in<strong>di</strong>vidua inoltre in questa storia<br />
l’incrociarsi <strong>di</strong> due aspetti fondamentali della performatività: quello linguistico e<br />
quello teatrale.<br />
28 allo stesso modo, nel pensiero non essenzialista sul genere la domanda<br />
sull’essenza (‘che cos’è il genere?’) è sostituita con la domanda ‘che cosa fa il genere?’.<br />
nel suo recente lavoro sugli affetti, alla domanda ‘che cosa sono le emozioni?’<br />
la teorica femminista e queer sara ahmed ha sostituito la domanda ‘che<br />
cosa fanno le emozioni?’ (ahmed 2004). in questo senso, per ahmed, le emozioni<br />
sono ‘performative’.<br />
29 g. Hall, Culture in Bits: The Monstrous Future of Theory, continuum Hall,<br />
london, new York 2002, p. 13.<br />
Bibliografia<br />
ahmed sara, The Cultural Politics of Emotion, e<strong>di</strong>nburgh university <strong>Press</strong>, e<strong>di</strong>nburgh<br />
2004.<br />
austin John langshaw, How to Do Things with Words, clarendon <strong>Press</strong>, oxford<br />
1972 (trad. it. <strong>di</strong> c. Villata, Come fare cose con le parole, marietti, genova 1987).<br />
beardsworth richard, Derrida and the Political, routledge, new York 1996.<br />
butler Ju<strong>di</strong>th, Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity, routledge,<br />
new York 1990 (trad. it. <strong>di</strong> r. Zuppet, Scambi <strong>di</strong> genere. Identità, sesso e<br />
desiderio, sansoni, firenze 2004).<br />
—, Bo<strong>di</strong>es That Matter: On the Discursive Limits of ‘Sex’, routledge, london and<br />
new York 1993 (trad. it. <strong>di</strong> s. capelli, Corpi che contano, feltrinelli, milano<br />
1996).