biblioteca di studi di filologia moderna – 10 - Firenze University Press
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118<br />
siri nergaard<br />
nuovi <strong>di</strong>scorsi che confermano tali rappresentazioni. la traduzione è una<br />
pratica che ha a che fare con l’ineguaglianza tra le lingue e le culture, con<br />
le relazioni (squilibrate) <strong>di</strong> potere, con la politica, ed è stata mezzo efficace<br />
per il mantenimento delle rappresentazioni euro-etnocentriche del mondo.<br />
il potere occidentale esercitato attraverso la traduzione riguarda, non<br />
tanto il modo in cui le culture non occidentali vengono tradotte, ma piuttosto<br />
cosa e chi viene tradotto, afferma <strong>di</strong>ngwaney (1995). e questo ha a<br />
che fare con la selezione da parte dell’industria e<strong>di</strong>toriale e dei critici <strong>di</strong><br />
certe voci, certe visioni, certi testi «that are then constituted as a putative<br />
“canon” of “Third World” texts and/or authors» 37 .<br />
come ho avuto modo <strong>di</strong> esprimere altrove (nergaard 2008), i due saggi<br />
<strong>di</strong> samia mehrez e richard Jacquemond, inclusi nel volume Rethinking<br />
Translation (1992, a cura <strong>di</strong> Venuti), illustrano in maniera efficace come<br />
il potere coloniale abbia usato la traduzione e come le rappresentazioni<br />
da esso prodotte continuino ancora oggi a perpetuarsi. il caso specifico<br />
della traduzione in ambito franco-egiziano, illustrato da Jacquemond,<br />
offre spunti per una riflessione più generale sulle iniquità traduttive: le<br />
culture dominate tendono a essere rappresentate nelle culture egemoniche<br />
attraverso un numero minore <strong>di</strong> traduzioni rispetto a quelle delle<br />
culture egemoniche in quelle dominate. le traduzioni tendono a essere<br />
percepite come ‘<strong>di</strong>fficili’ e <strong>di</strong> esclusivo interesse per esperti ed addetti ai<br />
lavori; vengono selezionate in base alla loro conformità agli stereotipi<br />
della cultura egemonica e sono spesso scritte con l’intenzione <strong>di</strong> adeguarvisi<br />
in funzione <strong>di</strong> una futura traduzione in quella cultura. Viceversa,<br />
la cultura egemonica viene rappresentata nella cultura dominata<br />
con un numero assai maggiore <strong>di</strong> traduzioni, che vengono considerate<br />
potenzialmente fruibili da un vasto pubblico <strong>di</strong> lettori, selezionate perché<br />
provengono dalla cultura egemonica e prodotte ignorando totalmente<br />
la cultura dominata (robinson 1997). nel gioco tra l’esotizzazione da<br />
una parte e la naturalizzazione dall’altra emerge con chiarezza che il<br />
filtro che decide cosa potrà far parte del canone e cosa ne sarà escluso è<br />
un filtro <strong>di</strong> potere, del potere della cultura egemone su quella dominata.<br />
nel volume Translation and Empire, douglas robinson scrive che negli<br />
stu<strong>di</strong> postcoloniali la traduzione può essere vista come un processo<br />
che occupa tre ruoli sequenziali, ma sovrapposti,<br />
as a channel of colonization, parallel to and connected with education<br />
and the overt or covert control of markets and institutions; as<br />
a lightning-rod for cultural inequalities continuing after the collapse<br />
of colonialism; and as a channel of decolonization 38 .<br />
la traduzione, infatti, non è solo mezzo <strong>di</strong> colonizzazione, ma anche<br />
<strong>di</strong> resistenza, contestazione e rovesciamento del canone occidentale dominante.<br />
Quel processo che è stato definito da bill ashcroft, gareth griffiths<br />
e Helen tiffin The Empire Writes Back (1989), consiste anche nella traduzione<br />
<strong>di</strong> altri autori e altri testi che riven<strong>di</strong>cano altre voci e rappresenta-