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biblioteca di studi di filologia moderna – 10 - Firenze University Press

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luigi marinelli<br />

(della formazione) dei canoni letterari, con cui evidentemente la critica, la<br />

scuola, l’università e in genere la cultura dovranno ben presto fare i conti.<br />

un’importante chiave <strong>di</strong> volta in tal senso, negli stu<strong>di</strong> letterari, stava<br />

già tutta nel concetto bachtiniano <strong>di</strong> essotopia o extralocalità (in russo:<br />

vnenacho<strong>di</strong>most’), ripreso poi in pieno dalla semiotica della cultura della<br />

scuola <strong>di</strong> tartu, la cui concezione relazionale e <strong>di</strong>namica delle culture<br />

(intese come meccanismi collettivi e serbatoi <strong>di</strong> informazione delle collettività<br />

umane che funzionano soprattutto per traduzione, assimilazione<br />

e spostamento) <strong>–</strong> come ben compen<strong>di</strong>a andrea tramontana - determina<br />

che «lo sviluppo <strong>di</strong> una cultura sia visto sempre come un atto <strong>di</strong> scambio<br />

che presuppone un altro, una <strong>di</strong>alettica tra parti, tra ciò che è considerato<br />

interno e proprio con ciò che è [sarebbe] esterno e estraneo. c’è sempre<br />

un’eterogeneità fondante anche all’interno <strong>di</strong> uno spazio semiotico, quasi<br />

che il <strong>di</strong>alogo precedesse il monologo; grazie a questo <strong>di</strong>fferenziarsi, grazie<br />

allo scarto e al <strong>di</strong>fferenziale emergono il valore, il senso e la peculiarità<br />

delle parti in gioco» 11 . se quin<strong>di</strong> ‘traduciamo’ il ragionamento bachtinianolotmaniano<br />

dallo stu<strong>di</strong>o delle culture a quello della formazione dei canoni,<br />

potremo senz’altro <strong>di</strong>re che un canone, per essere accettato, evolversi<br />

e comprendersi esso stesso, ha bisogno <strong>di</strong> altri canoni ad esso ‘esterni e<br />

estranei’, e soprattutto che non ha senso parlare <strong>di</strong> un canone ne varietur,<br />

giacché esso non può proprio esistere, quale che sia la forza egemone che<br />

lo costituisce. o, per riusare un giu<strong>di</strong>zio sanamente ricorrente in questo<br />

libro, del gorak <strong>di</strong> The Making of the Modern Canon: «no homogenizing<br />

entity called ‘the canon’ ever existed» 12 . Perfino quando parliamo <strong>di</strong> canoni<br />

settoriali, quelli fin qui trattati come marginali e subalterni, il loro ‘racconto’<br />

alternativo a quello del filone principale della narrativa sul canone<br />

occidentale, non può che essere ‘polifonico’ (anche qui nel senso bachtiniano).<br />

mi pare che la stessa cosa intendesse qui maria micaela coppola<br />

aprendo provocatoriamente il suo contributo con l’asserzione: «il canone<br />

lesbico è costituito da più canoni lesbici» (p. 167). come nella teoria dei<br />

frattali, insomma, più avviciniamo il punto <strong>di</strong> osservazione verso una<br />

determinata porzione <strong>di</strong> un canone maggiore, più troveremo che questa<br />

stessa porzione è composta anch’essa <strong>di</strong> altre parti ‘minori’, ma ad essa<br />

perfettamente comparabili su scale <strong>di</strong>verse. ciò significa che la visione <strong>di</strong><br />

un canone principale è anche una risultante della ‘<strong>di</strong>stanza’ da cui si osservi<br />

il nostro oggetto <strong>di</strong> indagine, e che il principale problema che sottosta<br />

a tutta questa problematica è, al solito, quello delle regole del gioco <strong>di</strong><br />

tale ‘<strong>di</strong>stanziamento’ ed extralocazione. Più esse sono chiare e valide per<br />

tutti, più il gioco vale la candela.<br />

tutto ciò porta alla conclusione circa la necessità e il bisogno <strong>di</strong> una<br />

continua revisione dei canoni, che non sia un re-adjustement elitario della<br />

critica, come prospettava t.s. eliot, bensì nell’ambito <strong>di</strong> ciò che <strong>–</strong> con termine<br />

ben più laico e storicamente fondato rispetto a quello quasi sacrale e<br />

metatemporale <strong>di</strong> ‘canonizzazione’ <strong>–</strong> John guillory definì ‘legittimazione’<br />

<strong>di</strong> un’opera letteraria, giacché: «canonicity is not a property of the work<br />

itself, but of its transmission, its relation to other works in a collocation of

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