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biblioteca di studi di filologia moderna – 10 - Firenze University Press

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156<br />

sandro melani<br />

canone gay partendo da queste premesse risulti al tempo stesso troppo<br />

restrittivo ai fini <strong>di</strong> una rappresentatività della <strong>di</strong>ssidenza omosessuale e<br />

poco produttivo ai fini della costituzione <strong>di</strong> un corpus letterario <strong>di</strong> tutto<br />

rispetto. gregory Woods, in una agguerrita replica alle critiche ricevute al<br />

momento della pubblicazione della sua voluminosa History of Gay Literature<br />

12 , prima <strong>di</strong> offrire quella che ritiene possa costituire una sod<strong>di</strong>sfacente<br />

delineazione <strong>di</strong> un proficuo rapporto tra la storiografia letteraria e il gay<br />

common reader affronta la questione ponendosi una serie <strong>di</strong> domande che<br />

non consentono affatto una risposta imme<strong>di</strong>ata e automatica. la prima<br />

domanda è: che cosa costituisce la letteratura gay? Quanto è stato scritto<br />

dagli autori gay o quanto è stato detto sui gay, o anche quello che leggono<br />

i gay? e, domanda ancor più insi<strong>di</strong>osa, chi deve essere considerato gay<br />

a tutti gli effetti? nella sua forma più pura, insinua Woods, la letteratura<br />

gay finirebbe per restringersi a davvero pochi testi, partoriti da una ristretta<br />

manciata <strong>di</strong> scrittori giunti al completamento della loro educazione<br />

culturale, sentimentale e sessuale all’incirca all’epoca <strong>di</strong> un evento <strong>di</strong><br />

intensa portata simbolica quale la rivolta dello stonewall <strong>di</strong> new York del<br />

1969, scrittori gay quin<strong>di</strong> che abbiano deciso <strong>di</strong> parlare del mondo dei gay<br />

o <strong>di</strong> che cosa significhi essere gay dalla prospettiva dei gay. senza dubbio,<br />

come implicitamente sembra riconoscere anche Woods, al centro <strong>di</strong> un<br />

canone così concepito emergerebbe incontrastato edmund White con la<br />

trilogia, <strong>di</strong> impianto fortemente autobiografico, costituita da A Boy’s Own<br />

Story (1983), de<strong>di</strong>cato ai riti <strong>di</strong> passaggio del protagonista dall’adolescenza<br />

all’età adulta sullo sfondo dell’america degli anni cinquanta, The Beautiful<br />

Room Is Empty (1988), le cui ultime parole non a caso definiscono<br />

la rivolta dello stonewall «the turning point of our lives», e The Farewell<br />

Symphony (1997), che si riallaccia ai giorni nostri tracciando un affresco<br />

della crisi della liberazione sessuale indotta dall’insorgenza e dalla <strong>di</strong>ffusione<br />

dell’aids. al nome <strong>di</strong> White aggiungerei, passando così dal fronte<br />

statunitense al suolo britannico, quello <strong>di</strong> allan Hollinghurst con il suo<br />

romanzo <strong>di</strong> esor<strong>di</strong>o, The Swimming Pool Library (1988), cronaca della vita<br />

<strong>di</strong> un gay lon<strong>di</strong>nese upper class immerso nella lettura dei <strong>di</strong>ari <strong>di</strong> un vecchio<br />

omosessuale altrettanto altolocato e sessualmente attivo nel periodo<br />

tra la Prima e la seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, e il recentissimo The Line of<br />

Beauty (2004), ambientato negli anni del ferreo governo conservatore <strong>di</strong><br />

margaret Thatcher.<br />

naturalmente, i confini temporali del canone si ampliano in maniera<br />

più che sensibile se al termine «gay», scegliendo <strong>di</strong> trascurare le sue coor<strong>di</strong>nate<br />

storiche e <strong>di</strong> sottrargli qualsiasi programmatico sottinteso <strong>di</strong> rivalsa<br />

e <strong>di</strong> autoaffermazione possa avere acquisito nel corso del tempo, deci<strong>di</strong>amo<br />

invece <strong>di</strong> attribuire lo stesso significato <strong>di</strong> «omosessuale», che, ricalcato<br />

sul tedesco Homosexualität <strong>–</strong> conio proposto nel 1868 dall’ungherese<br />

Kertbeny (Karl maria benkert) in una lettera a Karl Heinrich ulrichs e poi<br />

ripreso in due opuscoli dell’anno successivo che chiedevano l’abolizione<br />

delle severissime leggi prussiane contro l’omosessualità <strong>–</strong> fece la sua prima<br />

comparsa nell’Oxford English Dictionary nel 1892. anche in questo caso,

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