Progetto parco, tutela e valorizzazione dell'ambiente nel ... - Planeco
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Non è del resto pensabile che luoghi come Campo Pericoli, il crinale da M.te S.Franco<br />
a M.te Camicia, il Venacquaro, la stessa parte in quota della Val Maone, l’acrocoro<br />
centrale delle vette principali, venga posto in una zona di “riserva Generale<br />
orientata”, almeno <strong>nel</strong>la forma specificata dalla legge 394/91, <strong>nel</strong>la quale sono<br />
comunque consentite delle “.....infrastrutture strettamente necessarie”, utilizzando una<br />
locuzione di estrema ambiguità e di dubbia interpretazione.<br />
L’inserimento di questi spazi in un contesto proposto di assoluta “non trasformabilità”<br />
vuole appunto sottolineare la necessità impellente di non sottoporre più queste aree ad<br />
azioni di uso intensivo, lasciandole alla loro condizione evolutiva naturale.<br />
Se ciò è più proponibile guardando al ruolo produttivo di questi luoghi, ormai<br />
largamente disincentivato, è certamente più difficile ipotizzare una drastica limitazione<br />
dell’uso turistico. Va detto che, all’interno di questa macroarea di riserva integrale,<br />
sono riconoscibili alcuni ristretti biotopi per i quali può apparire giustificata anche la<br />
sottrazione generalizzata al transito umano; si pensi alla Valle d’Angri, alla Valle<br />
dell’Inferno, ad alcune forre del versante settentrionale del gruppo M.te Brancastello-<br />
M.te Prena, ad alcuni recessi del versante settentrionale del M.te S.Franco e<br />
dell’immenso Bosco di Chiarino.<br />
Così come sono presenti alcune circostanze di uso turistico intensivo che vanno<br />
certamente regolamentate nei tempi e nei modi di fruizione; a questo proposito appare<br />
irrinunciabile in prospettiva una regolamentazione degli accessi estivi, quanto meno<br />
festivi, alla cima del Corno Grande, per l’elevato impatto che le numerosissime<br />
presenze provocano in termini di erosione dei suoli, soprattutto nei luoghi ghiaiosi a con<br />
notevole instabilità.<br />
Lo stesso caso si presenta per altri tipi di attività che, seppur limitate ad un<br />
minor numero di utenti, apportano comunque danni sensibili ai suoli; si pensi alla<br />
discesa in mountain bike nei valloni della Portella o di Vallefredda o della Val Maone.<br />
Come emerge da queste sintetiche argomentazioni, la struttura zonale<br />
concentrica <strong>nel</strong>la forma adottata, in ossequio alla legislazione vigente, di per sè<br />
grossolanamente accorpante beni ambientali diversi ed esigenze di gran lunga<br />
differenziate, va necessariamente corredata di una dettagliata normativa che recuperi<br />
invece la precisione anche “scientifica” di determinazione delle valenze ambientali,<br />
contestualizzando volta per volta anche sui singoli siti geografici modi e tempi di uso e<br />
conservazione.<br />
Se le considerazioni di cui sopra hanno riguardato le problematiche connesse<br />
alla determinazione della Riserva integrale, analoghe puntualizzazioni sono opportune<br />
per le altre tipologie di <strong>tutela</strong>.<br />
Abbiamo già parlato della ambiguità di sostanza insita <strong>nel</strong>la attribuzione di “stretta<br />
necessità” per le infrastrutture consentite <strong>nel</strong>la zona di riserva generale orientata.<br />
Una adeguata normativa dovrà indubbiamente circostanziare queste indicazioni di<br />
massima, fornendo un elenco delle tipologie e delle relative caratteristiche tecniche e<br />
costruttive delle infrastrutture consentite.<br />
Una prescrizione affine vale anche per corredare convenientemente la dichiarazione:<br />
“Sono ammesse opere di manutenzione e di restauro delle costruzioni esistenti (...)”,<br />
riportata al punto c) dell’Art.12 descrivendo le possibilità concesse <strong>nel</strong>le aree di<br />
protezione.<br />
Pur ritenendo incontestabile la funzione di regolamentazione degli strumenti urbanistici<br />
comunali <strong>nel</strong> settore delle opere edilizie, si può credibilmente attribuire ad un piano<br />
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