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Nerval e il mito della "pureté" - Studi umanistici Unimi - Università ...

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170 CAPITOLO OTTAVO<br />

le quali si situano scene allegoriche e visionariamente sfumate come <strong>il</strong><br />

« Voyage a Cythère » e le due apparizioni di Adrienne a Chàalis (vera<br />

la prima ed evocata la seconda). Ma di fronte e accanto a questa siste­<br />

mazione onirica si colloca l'altra, più letteraria, cioè intenzionale, del<br />

narratore che rimemora <strong>il</strong> proprio tentativo di recuperare miticamente<br />

Sylvie, la quale gli sfugge, come gli sfugge Aurélie, in quanto la sua im­<br />

maginazione è succuba del fantasma-archetipo di Adrienne. In Sylvie<br />

dunque <strong>Nerval</strong> denunzia la sua « faute » (onirismo indefesso ed esalta­<br />

zione mistica) e indica <strong>il</strong> suo fallimento nel campo del reale come pro­<br />

vocato da mancanza di coscienza di sé e del reale: ma questo non è mo­<br />

tivo sufficiente perché <strong>il</strong> sognatore si liberi delle sue fantasie, le quali<br />

sono strutturate su un piano « f<strong>il</strong>osofico »:<br />

J'ai passe par tous les cercles de ces lieux d'épreuves qu'on appella<br />

théàtres. « J'ai mangé du tambour et bu de la cymbale », comme dit<br />

la phrase dénuée de sens apparent des initiés d'Eleusis. — Elle signi-<br />

fie sans doute qu'<strong>il</strong> faut au besoin passer les bornes du non-sens et<br />

de l'absurdité: la raison pour moi, c'était de conquérir et de fixer<br />

mon ideai 3 .<br />

Si postula dunque <strong>il</strong> superamento, all'occorrenza, <strong>della</strong> logica comune<br />

e formale qualora in esso si veda <strong>il</strong> mezzo per « conquérir et fixer » <strong>il</strong><br />

proprio ideale non solo femminino ma esistenziale. Ricordi, fantasie,<br />

sogni, allucinazioni deliranti, vengono in <strong>Nerval</strong> da una parte razional­<br />

mente spiegati e demistificati, dall'altra si pongono come realtà autenti-<br />

che confortate da un apparato f<strong>il</strong>osofico irrazionalistico che affonda le<br />

sue radici nel pitagorismo, nell'occultismo, nell'esoterismo, nel determi­<br />

nismo astrologico, nell'idealismo classico e moderno (platonismo greco,<br />

neoplatonismo rinascimentale, visionarismo teosofico di Swedenborg, me­<br />

tafisica di Hegel...). La dialettica tra razionale e irrazionale, logico e oni­<br />

rico, realistico e puramente fantastico, non si risolve in <strong>Nerval</strong> con la<br />

vittoria dell'uno sull'altro, ma con una specie di accordo instab<strong>il</strong>e (dram­<br />

matico) tra l'uno e l'altro. Sicché non meraviglia che in Aurélia, l'opera<br />

dei sogni e delle visioni vissute realmente dal « malato » poeta, <strong>il</strong> con­<br />

trollo <strong>della</strong> ragione coordina e commenta le varie fasi <strong>della</strong> « malattia »<br />

come se <strong>il</strong> malato fosse nello stesso tempo <strong>il</strong> medico di se stesso. Nella<br />

Réverie de Charles VI, composta nel 1842 e pubblicata nel 1847, i versi<br />

finali contengono una lezione divina che non va tralasciata e che sembra<br />

3 Sylvie, I, p. 270.

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