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Nerval e il mito della "pureté" - Studi umanistici Unimi - Università ...

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L'ONIRISMO 171<br />

costituire un programma di azione umana (e già fin da allora ovviamente<br />

letteraria) per <strong>il</strong> nostro poeta:<br />

II semble que Dieu dise a mon àme souffrante:<br />

Quitte le monde impur, la foule indifferente,<br />

Suis d'un pas assuré cette route qui luit,<br />

Et — viens a moy, mon f<strong>il</strong>s... et — n'attends pas LA NUITM!<br />

Questa lezione sembra quasi un avallo dell'esperienza onirica poste­<br />

riore, la quale è <strong>il</strong> mezzo attraverso cui si vuole destinare a compimento<br />

tale programma idealistico. Ed è giusto la « Nuit » <strong>il</strong> termine, la realtà<br />

che si vuole esorcizzare. Ma la « Nuit » è <strong>il</strong> regno abituale del sonno e<br />

del sogno, grazie a cui si può realizzare la « descente aux enfers » che<br />

porta alla visione dell'Empireo e quindi al ristab<strong>il</strong>imento <strong>della</strong> propria<br />

purezza intcriore, alla sicurezza <strong>della</strong> propria salvezza spirituale. Come<br />

tale la Notte è simbolo positivo, è la necessaria intermediaria <strong>della</strong> san­<br />

tificazione, allo stesso modo in cui i santi hanno bisogno <strong>della</strong> tentazione<br />

e dell'ombra per provarsi nella loro santità, nella loro sublimazione dal<br />

corporeo ecc.<br />

Dante da una parte e Flaubert dall'altra, per esempio, hanno inteso<br />

sì rappresentare la Notte come P« aere perso » in cui hanno forma <strong>il</strong><br />

male, l'infedeltà, la depravazione ecc.; ma nello stesso tempo non pos­<br />

sono non considerarla nella sua funzione dialettica in rapporto al chiaro,<br />

alla luce, alla santità ecc. Che sia nella realtà o che sia nella visione, la<br />

notte compie dunque una funzione simbolica, quasi medianica, pur nella<br />

sua accezione negativa, come nel poeta italiano e nel romanziere fran­<br />

cese. <strong>Nerval</strong>, sulle orme dichiarate di Dante, e contemporaneamente a<br />

Flaubert (che forse l'ut<strong>il</strong>izza nelle sue Tentations], fa <strong>della</strong> Notte una<br />

specie di macchina mostruosa che lo stritola e a cui pure fa ricorso per<br />

subire o dirigere i propri sogni, interpretando i quali egli può ricavare<br />

la regola intellettuale e morale che si impone al suo tentativo di beatifi­<br />

cazione nelle braccia di Aurélia-Beatrice. Ma prima di arrivare a quei fi­<br />

nale, l'onirismo nervaliano si atteggia in varie forme letterarie.<br />

La Notte non come regno del « somme<strong>il</strong> des bétes » ma come regno<br />

ancora dell'attività del pensiero è la grandiosa scena in cui si svolge <strong>il</strong><br />

dramma « cainita » del Christ aux Oliviers (1844):<br />

Quand le Seigneur, levant au ciel ses maigres bras,<br />

Sous les arbres sacrés, comme font les poètes,<br />

Se fut longtemps perdu dans ses douleurs muettes,<br />

Et se jugea trahi par des amis ingrats,

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