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Le vicende del confine orientale ed il mondo della scuola

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<strong>Le</strong> <strong>vicende</strong> de L <strong>confine</strong> orient a <strong>Le</strong> <strong>ed</strong> i L <strong>mondo</strong> de LLa s cuo La • 151<br />

La didattica<br />

<strong>del</strong> <strong>confine</strong><br />

orienta <strong>Le</strong><br />

al <strong>confine</strong> orienta <strong>Le</strong><br />

La città e la provincia di Trieste sono state direttamente coinvolte dalle <strong>vicende</strong><br />

che hanno seguito la fine <strong>del</strong> secondo conflitto mondiale e che le hanno private<br />

di gran parte <strong>del</strong> loro retroterra, ossia di quella regione che storicamente in Trieste<br />

aveva <strong>il</strong> suo naturale punto di riferimento. Infatti la stragrande maggioranza<br />

degli oltre 300.000 profughi istriani, fiumani e dalmati, esodati dall’Adriatico<br />

<strong>orientale</strong> a causa <strong>del</strong>l’occupazione jugoslava, è passata per questa città e si calcola<br />

che più di sessantam<strong>il</strong>a vi si siano stab<strong>il</strong>iti, accrescendone di un buon terzo la<br />

popolazione e rivitalizzandola.<br />

Se per decenni la diplomazia nazionale e internazionale avevano consigliato<br />

la sordina sulla divulgazione e sulla ricerca storica sul secondo dopoguerra nei<br />

territori orientali <strong>del</strong>la penisola – e pertanto nel resto d’Italia nulla o ben poco<br />

si diceva, perché <strong>il</strong> Paese non sapeva – a Trieste, viceversa, quelle <strong>vicende</strong><br />

hanno continuato a rimanere tanto vive da non lasciare s<strong>ed</strong>imentare la memoria.<br />

Anche per questo e per la sofferenza e la relativa rimozione che le accompagnavano<br />

(e in parte le accompagnano), nessuno ne parlava dentro la <strong>scuola</strong>,<br />

ma quelle <strong>vicende</strong> erano relegate al focolare domestico, all’ambito politico<br />

cittadino, o a gruppi di storici appassionati. Diversi, tra questi ultimi, erano<br />

stati incaricati, nel tempo, di compiere ricerche e studi, spesso commissionati<br />

da quelle associazioni degli esuli che avevano fini culturali più e/o oltre che<br />

sociali e ricreativi (in primis l’Istituto Regionale per la Cultura Istriana – poi<br />

Istriano-fiumano-dalmata – IRCI) e che in larga parte si autofinanziavano e<br />

reperivano fondi per le ricerche che riguardavano la storia dei luoghi da cui i<br />

loro membri avevano dovuto esodare. Ma pubblicazioni e conferenze non riuscivano<br />

a far breccia negli istituti <strong>ed</strong>ucativi.<br />

Tuttavia <strong>il</strong> <strong>mondo</strong> degli profughi istriani, fiumani e dalmati aveva ben presente<br />

la necessità di rivolgersi ai docenti <strong>del</strong>le scuole affinché la cultura e le tradizioni<br />

<strong>del</strong>le genti giuliane non andassero perdute, ma venissero trasmesse alle nuove<br />

generazioni. Basti a dimostrarlo <strong>il</strong> fatto che <strong>il</strong> Comitato di coordinamento fra le<br />

Associazioni degli istriani, fiumani e dalmati (pr<strong>ed</strong>ecessore <strong>del</strong>l’attuale F<strong>ed</strong>erazione<br />

<strong>del</strong>le Associazioni istriane, fiumane e dalmate) aveva chiuso la sua attività<br />

inter venti<br />

di<br />

chiara vigini<br />

La città<br />

e la provincia<br />

di t rieste<br />

sono state<br />

direttamente<br />

coinvolte<br />

dalle <strong>vicende</strong><br />

che hanno<br />

seguito la fine<br />

<strong>del</strong> secondo<br />

conflitto<br />

mondiale<br />

e che le hanno<br />

private di gran<br />

parte <strong>del</strong> loro<br />

retroterra

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