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Le vicende del confine orientale ed il mondo della scuola

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inter venti<br />

La firma<br />

<strong>del</strong> t rattato<br />

di o simo<br />

scatenò<br />

violente<br />

proteste<br />

nel <strong>mondo</strong><br />

degli esuli<br />

che vissero<br />

la rinuncia<br />

italiana come<br />

un tradimento<br />

verso<br />

le proprie<br />

speranze di un<br />

diverso esito<br />

<strong>del</strong>le trattative<br />

58 • studi e documenti deg Li anna Li de LLa pubb Lica istruzione<br />

no giunte dall’Italia nel dopoguerra in Jugoslavia per simpatia verso <strong>il</strong> regime di<br />

Tito e che avevano dato vita ad una sorta di piccolo «controesodo». Erano giunti<br />

soprattutto dall’Isontino, dal Friuli, dal Veneto e dalla Lombardia, anche se<br />

non mancarono persone provenienti anche dal Centro e Sud Italia. La maggioranza<br />

di loro era rappresentata da operai <strong>del</strong> Cantiere navale di Monfalcone, per<br />

cui furono spesso etichettati con la qualifica di «monfalconesi». Si trattò in tutto<br />

di circa 2800-3000 persone, che si recarono prevalentemente nell’area di Fiume<br />

(circa 2000) e di Pola (circa 500). I «monfalconesi» restarono in genere fe<strong>del</strong>i alle<br />

direttive <strong>del</strong> Partito comunista italiano e rientrarono in Italia dopo lo strappo<br />

politico consumatosi nel 1948 tra Tito e Stalin.<br />

Negli anni Cinquanta, in un clima di costante pressione, le autorità jugoslave presero<br />

diversi provv<strong>ed</strong>imenti vessatori contro la minoranza italiana. Alcuni giornali<br />

in lingua italiana furono chiusi e si tentò più volte di trasformare in settimanale<br />

<strong>il</strong> quotidiano fiumano «La Voce <strong>del</strong> Popolo», che in tutti gli anni <strong>del</strong> dopoguerra<br />

aveva rappresentato la principale fonte di informazione <strong>del</strong> gruppo etnico italiano.<br />

Parecchi Circoli Italiani di Cultura vennero chiusi; ciò accadde, per esempio,<br />

a Lussino, Cherso, Abbazia, Laurana, Zara, Arsia, Fianona, Pisino, Fasana,<br />

Umago e Montona. Una forte spallata contro i nostri connazionali in molte località<br />

<strong>del</strong>l’Istria, di Fiume e <strong>del</strong>la Dalmazia fu poi rappresentata dalla chiusura di<br />

gran parte <strong>del</strong>le scuole italiane, avvenuta soprattutto nel periodo <strong>del</strong>la crisi italojugoslava<br />

<strong>del</strong>l’ottobre 1953. Una disposizione <strong>del</strong> ministero <strong>del</strong>l’Istruzione <strong>del</strong>la<br />

Croazia, <strong>il</strong> «decreto Peruško», stab<strong>il</strong>ì <strong>il</strong> trasferimento imm<strong>ed</strong>iato e forzoso nelle<br />

scuole croate di tutti gli allievi considerati di origine slava e, in particolare, di<br />

tutti quelli <strong>il</strong> cui cognome terminava in «ich», tipico <strong>del</strong>le genti istriane. Centinaia<br />

di alunni di madrelingua italiana furono così spostati da un giorno all’altro<br />

nelle scuole croate, mentre quelle italiane vennero gradualmente chiuse a causa<br />

<strong>del</strong>la mancanza di un numero sufficiente di allievi.<br />

Divenne così inevitab<strong>il</strong>e l’assim<strong>il</strong>azione latente e graduale di molti connazionali,<br />

e, se nel censimento jugoslavo <strong>del</strong> 1961 <strong>il</strong> loro numero scese a 24.175 unità,<br />

nelle r<strong>il</strong>evazioni <strong>del</strong> 1971 e <strong>del</strong> 1981 si raggiunsero valori ancora più bassi, con<br />

rispettivamente 21.791 e 15.132 persone che si definirono italiane.<br />

La firma <strong>del</strong> Trattato di Osimo (10 novembre 1975) con cui l’Italia rinunciava<br />

implicitamente alla sovranità sulla ormai «ex Zona B» <strong>del</strong> TLT e la Jugoslavia<br />

rispettivamente rinunciava ad ogni ambizione sulla «ex Zona A», non portò<br />

a particolari benefici per la minoranza italiana in Istria <strong>ed</strong> a Fiume, mentre invece<br />

scatenò violente proteste nel <strong>mondo</strong> degli esuli che vissero la rinuncia italiana<br />

come un tradimento verso le proprie speranze di un diverso esito <strong>del</strong>le trattative.<br />

Durante le prime fasi <strong>del</strong>le trattative <strong>il</strong> presidente <strong>del</strong>l’UIIF Antonio Borme,<br />

che si era battuto per cercare di ottenere taluni benefici per i connazionali, venne<br />

esonerato dalla sua carica e tale nuova epurazione produsse profonda sfiducia<br />

e preoccupazione nella base <strong>del</strong>la minoranza. Molti italiani si chiusero in sé<br />

stessi e l’attività <strong>del</strong>l’UIIF si ridusse notevolmente.

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